Falsità e omissioni in dichiarazioni sostitutive ed in altre successive (e non) comunicazioni sul limite di reddito: quali conseguenze penali??
Cosa accade quando si è dichiarato un reddito inferiore al massimo consentito per l’ammissione al gratuito patrocinio?
O se si è omesso di comunicare lo sconfinamento oltre la soglia dopo aver ottenuto il patrocinio ed il processo è durato più anni??
La Corte di Cassazione Penale a Sezioni Unite ha statuito che integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 sia le false indicazioni o lche le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio. (Rigetta, App. Palermo, 2 Aprile 2007)
Cass. pen., sez. Unite 16-02-2009 (27-11-2008), n. 6591 – Pres. CARBONE Vincenzo – Est. ROTELLA Mario – I.S.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – I.S. dichiarò, in istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato del 11.3.03 al Tribunale di sorveglianza di Palermo, di non avere redditi. Ammessa al beneficio, si verificò che era titolare di un immobile, implicante contratto con un’azienda, ed era proprietaria di autovettura.
Imputata del delitto aggravato, previsto e punito dalla L. n. 217 del 1990, art. 5, comma 7, modif. con L. n. 134 del 2001, norma trasferita nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, T.U. delle “spese di giustizia”, il G.U.P. di Palermo la condannava in giudizio abbreviato con generiche equivalenti a mesi 8 di reclusione ed Euro 220,00 di multa.
La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna, non condividendo il principio di Cass. Sez. 5, Bevilacqua, n. 16338 del 12.5.06, CED rv. 234124, secondo cui non sussistono estremi di reato, se il fatto non si sostanzi nella falsa dichiarazione di un reddito inferiore a quello fissato quale soglia di ammissibilità al beneficio.
Il difensore ha proposto ricorso per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 e dell’art. 192 c.p.p., ripetendo il principio della sentenza Bevilacqua. Ed ha concluso che nella specie, al di là di errore nelle dichiarazioni su prestampati offerti dalla difesa, è incontroverso che l’istante avrebbe potuto fruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato per il reddito poi accertato, sicchè di delitto non è punibile.
2 – La 4^ Sezione di questa Corte, assegnataria del procedimento, a fronte della sentenza Bevilacqua e altre consecutive, ha fatto proprio il principio di Cass. Sez. 3, Contino, n. 28340 del 20.6.2006 – rv. 236267, che afferma in senso opposto che l’ammissibilità al beneficio non esclude la punibilità del reato di pura condotta, come si desume dall’aggravamento di pena, quando la falsità sia stata determinante per l’ammissione, e confermano le disposizioni del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 96 e 98.
E, pur condividendolo, poichè la questione ha dato luogo a contrasto segnalato dal Massimario (rel. n. 53 del 28.5.08), con ordinanza del 19.6 – 23.7.08 ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p.p..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – La questione controversa è “se il reato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 sia integrato da falsità od omissioni nelle dichiarazioni o comunicazioni per l’attestazione di reddito necessarie per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato o il mantenimento del beneficio, anche se il reddito accertato non dovesse superare la soglia minima prevista dalla legge”.
Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, incorporando la disciplina del patrocinio a spese dello Stato nell’art. 74 e ss., del Testo Unico, ripete nell’art. 95 la norma incriminatrice della L. 29 marzo 2001, n. 134, art. 5. Questa legge, a sua volta, aveva ripetuto la disposizione del D.P.R. 30 luglio 1990, n. 217, art. 5, comma 7, ma non anche quella del comma 2 cit. art., che specificava le allegazioni all’istanza di gratuito patrocinio.
Il contrasto, come dimostra l’analisi, è sorto in effetti per questa ragione, e s’incentra bensì sul falso nella dichiarazione sostitutiva contenuta nell’istanza di ammissione al beneficio, ma involge la ratio complessiva della norma incriminatrice.
1.1- Cass. Sez. 5^ Bevilacqua, sopra citata, ha anzitutto affermato che la norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, immutata dal ’90, è speciale rispetto a quella di cui all’art. 483 c.p. e che l’art. 95 rinvia all’art. 79, comma 1, lett. b), c) e d), che incorpora nella fattispecie criminosa solo alcune condotte di alterazione del vero.
Queste condotte si riassumono nella falsa attestazione di avere un reddito complessivo inferiore a quello fissato dal legislatore quale soglia di ammissibilità , ovvero nella negazione o nascondimento di mutamenti significativi per esso intervenuti, ai fini della valutazione dell’eventuale superamento della stessa soglia.
Pertanto non rileva qualsiasi infedele attestazione, ma solo quelle che abbiano, quale conseguenza, l’inganno potenziale o effettivo del destinatario della dichiarazione sostitutiva (lett. c). E tra esse non rientrano quelle che occultino redditi il cui ammontare non implichi superamento del limite, che esclude il diritto all’ammissione.
Nello stesso solco si calano Cass. Sez. 5^ Salvaggio, 11.5.06 n. 21194, rv. 234207; Sez. 5^ Abrunzo, 20.12.07 n. 4467/08, rv. 238880;
Sez. 5^ Gallo, n. 12019 del 19.2.08, rv. 239126; Sez. 5^ Martorana, n. 15139 del 22.1.07, rv. 236143 e da ultimo Sez. 5^ Caprarotta, n. 38759/08. Le sentenze, accentuando la finalità dell’attestazione, affermano il falso inidoneo all’inganno, se il reddito è comunque inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio. Sez. 5^, 11.12.07 n. 5532/08, Goman, rv. 239099 richiama invece la categoria del falso inutile o innocuo.
1.2 – Cass. Sez. 3^, Contino, n. 28340 del 20.6.2006 (rv. 236267) ha affermato invece che, in caso di falsa attestazione, il reato si ravvisa anche se il reddito realmente percepito avrebbe ugualmente consentito l’ammissione del soggetto beneficiario al gratuito patrocinio per più ragioni.
Anzitutto, conformandosi a Sez. 1^, Mollica, n. 14403 del 25.1.01, rv. 218932, che tanto aveva affermato prima dell’entrata in vigore della L. n. 134 del 2001 con riferimento alle dichiarazioni relative alle variazioni del reddito, ha rilevato che la disciplina in materia esclude ogni discrezionalità da parte del soggetto da ammettere al beneficio.
Ha quindi rammentato che il falso, che non concerne solo la dichiarazione sostitutiva, ha ragione propria di punibilità nell’oggetto giuridico “pubblica fede”.
Nella specie l’art. 95 prevede elemento psicologico del reato il dolo generico e “l’ottenimento o il mantenimento” del beneficio solo circostanza aggravante. Di più, in caso di condanna per il delitto aggravato, dispone revoca ex tunc del beneficio già concesso. La revoca del beneficio è parallelamente prevista dall’art. 112 per l’omissione di comunicazioni in termini di eventuali variazioni dei limiti di reddito, per quanto non tali da implicare il superamento delle condizioni per il mantenimento.
L’insieme impedisce di ritenere irrilevante che il reddito accertato non superi il tetto previsto dalla legge, sia per l’ammissione che per il mantenimento del beneficio.
All’indirizzo hanno dato seguito Sez. 5^, 6.3.07 n. 13828, Palamara (rv. 236532) e Sez. 5^, 24.1.08 n. 13309, Marino, rv. 239387, che ha rimarcato in particolare le prescrizioni dell’art. 96 D.P.R. cit., circa i fondati motivi per cui il magistrato respinge l’istanza di ammissione al beneficio, e dell’art. 98, secondo il quale dispone la verifica di esattezza dell’ammontare del reddito attestato, dopo l’ammissione al beneficio.
1.3 – In posizione in effetti intermedia si pone Cass., P.G. in proc. Scumaci, Sez. 4^, 10.10 2007 n. 41306, rv. 237732, che formula un’eccezione al secondo indirizzo, affermando che la dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 79, richiamata nell’art. 95, concerne solo i redditi.
Spiega che la L. n. 134 del 2001, art. 5, incorporato nel D.P.R. n. 115 del 2002 ha abrogato la previsione della L. n. 217 del 1990, art. 5, comma 2. Pertanto la dichiarazione delle condizioni di reddito non concerne più i diritti reali su immobili e mobili registrati, ed il reato non sussiste se in proposito è falsa (conf. Sez. 5, Polito ed a., n. 26031/08).
2 – La soluzione in effetti implica anzitutto verifica dell’evoluzione normativa.
La L. n. 134 del 2001, le cui disposizioni sono state incorporate nel T.U. sulle spese di giustizia, ha bensì soppresso l’obbligo di cui al L. n. 217 del 1990, art. 5, comma 2, di specifiche allegazioni all’istanza di ammissione al beneficio.
Ma il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 3 prevede in via surrogatoria che il consiglio forense competente a provvedere in via anticipata, e quindi il giudice possano chiedere all’istante, a pena di inammissibilità dell’istanza, di produrre documentazione.
Di più l’art. 96 prevede che, ammessa l’istanza, prima di decidere sull’ammissione al beneficio, il magistrato può chiedere verifiche tempestive dei dati offertigli alla G. di Finanza, non la verifica dell’esattezza del reddito attestato, nonchè la compatibilità dei dati indicati con le risultanze dell’anagrafe tributaria. Questo compito è affidato all’ufficio finanziario solo dopo che il giudice ha ammesso l’istante al beneficio e cioè deciso l’accoglimento (art. 98). All’evidenza allegazioni e verifiche provvisorie sono condizionate dai tempi (si pensi all’istanza d’imputato detenuto).
Perciò, dal 2001, la legge inversamente accentua l’onere di attestazione dell’istante a fine di prova delle sue condizioni di reddito, qualificando sostitutiva la dichiarazione incorporata nell’istanza, con il richiamo al D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46, comma 1 lett. c, nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. c), cui rinvia l’art. 95. E, nel contempo, gli lascia la possibilità , senza obbligo, di avvalersi di moduli predisposti.
All’uopo l’art. 79, comma 1, lett. “c” prevede che la dichiarazione attesti la “sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità dell’art. 76”. E l’art. 76 fa rinvio alla dichiarazione dei redditi IRPEF. I singoli dati reddituali sono dunque oggetto indiscriminato di attestazione, secondo il modello tipico recepito. La ragione di specifica determinazione e collega inoltre al rinvio dell’art. 95 anche all’art. 79, comma 1, lett. b.
La lettera “b” prescrive l’indicazione delle generalità proprie e dei componenti della famiglia anagrafica e relativi codici fiscali. E si connette all’art. 92, che eleva il limite di reddito per l’ammissione, in quantità fissa per ognuno dei conviventi che non abbia reddito proprio, il che significa per contro che va sempre indicato il reddito dei conviventi. La lettera “d” afferma l’impegno a comunicare variazioni rilevanti dei limiti di reddito nell’anno precedente, la qualcosa presume appunto l’indicazione di ogni fonte, anche potenziale, di reddito. Il corollario è che i diritti reali su immobili devono essere dichiarati, non solo se fonti attuali (ad es. usufrutto), ma anche solo potenziali di reddito (ad es. nuda proprietà ), perciò suscettibili di variazioni da comunicare per impegno assunto nell’istanza, come di seguito si precisa.
2.1 – Questa analisi sommaria del procedimento dimostra che la norma incriminatrice, per quanto rapporti la falsità della “dichiarazione sostitutiva” al modello dell’art. 483 c.p., la cala in effetti in una previsione complessa, già per il suo tenore ed il correlato contenuto dell’istanza a pena di inammissibilità (v. l’esordio dell’art. 79).
Difatti la dichiarazione non ha per sè ad oggetto la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, bensì i dati da cui l’istante la induce C determina”) quale risultato, suscettibile di valutazione discrezionale seppur vincolata dell’organo destinatario, come nel caso della dichiarazione IRPEF, su cui si modella.
E, posto che la dichiarazione sostitutiva è incriminabile per la falsità (commissiva od omissiva, v. oltre) dei dati che servono alla determinazione, s’intende il vincolo di incriminazione al principio di S.U. P.G. in proc. Proietti ed a., n. 1827/95 – rv. 200117, per cui la falsità si configura nella “parte descrittiva” dell’atto, salvo espressa eccettuazione dei fatti da attestare.
La singolarità della dichiarazione sostitutiva nel caso è inoltre dimostrata dal rilievo che la legge che autorizza il privato attestazione tipica a pena di falso (S.U. Lucarotti, n. 6/99 e Gabrielli 28/00), di solito prevede che la riversi in atto pubblico a pubblico ufficiale, che si limiti ad attestare nell’atto di averla ricevuta. E, in ragione del fine dell’atto, la stessa legge pone al privato onere di allegarlo ad istanza diretta a diverso organo, che adotta provvedimento sulla premessa del fatto attestato.
Il D.P.R. n. 115 del 2002 unifica la doppia azione, perchè l’interessato al beneficio rende la dichiarazione con valenza attestativa nell’istanza rivolta al magistrato che la contiene a pena di inammissibilità (art. 96). E fa conto che il magistrato, dovendo subito decidere, possa solo chiedere documentazione o verifica degl’indici fornitigli, non altro.
In questa luce la norma penale sottolinea la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinatario che, a fronte della complessità del tenore dell’istanza cui è speculare la valutazione da svolgere, ha urgenzati decidere.
La necessità di dettaglio del tenore dichiarativo dell’istanza è significato in maniera risolutiva dal D.P.R. n. 112 del 2002, art. 96, comma 2, che prescrive: “il magistrato… respinge l’istanza se vi sono fondati motivi di ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni degli artt. 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte”. Il che, si è visto, connette tra l’altro le previsioni dell’art. 79, comma 1, lett. b e c, in duplice senso all’art. 92.
La conclusione evidente è che la dichiarazione deve contenere senza eccezione i dati eventualmente già riversati nella diversa dichiarazione a fini IRPEF relativa ai redditi dell’anno precedente, in tal caso da allegare, salvo la possibilità di prendere in considerazione l’istanza di ammissione al beneficio, di chi non l’abbia presentata.
2.2 – Passando ora alla struttura del reato, risulta assorbente il rilievo che la locuzione “falsità od omissioni” non distingue il falso dalle altre condotte cui segue evento di pericolo, ed oltre di danno. Il falso è reato commissivo proprio, seppure consiste in omessa attestazione di fatto vero, sicchè la ratio di incriminazione, già per lettera, non può essere confinata nell’ipotesi che ha dato luogo al contrasto.
L’incriminazione del reato di pura condotta, commissivo od omissivo che sia, ha funzione di sbarramento dell’evento di danno ulteriore.
La funzione si è visto è accentuata dal collegamento del dovere di attestazione nell’istanza alla dichiarazione IRPEF dell’anno precedente, che può non essere stata rilasciata, e quindi dalla possibilità di respingere la stessa istanza allo stato per le attività , le condizioni di vita personali e familiari, ed il tenore di vita di chi chiede l’ammissione al beneficio.
Sicchè l’incriminazione si correla da un lato al generale “principio antielusivo” che, affermato da questa Corte (v. da ultimo, Cass. Civ. n. 10257/08 e n. 25374/08), s’incardina sulla capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost., e perciò dell’art. 3. E si correla, dall’altro, all’art. 24, comma 3 ulteriore corollario dell’art. 3 del Patto fondamentale, in osservanza del quale l’art. 98 c.p.p. prevede la disciplina del patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato.
Dal che è evidente che la punibilità del reato di pura condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del singolo verso le istituzioni.
E’ dunque apodittico il rilievo di sproporzione della gravità della pena prevista dall’art. 95 D.P.R. cit. per un’ipotesi speciale del reato di cui all’art. 483 c.p., in quanto analoga a quella prevista per la truffa aggravata. E non è in particolare giustificata l’implicazione d’innocuità o inutilità della falsità , correlata ad una soglia di ammissione al beneficio, che non risulta prevista dalla norma incriminatrice.
In genere l’innocuità del falso in un atto pubblico non va per sè ritenuta con riferimento all’uso che s’intende fare del documento, che non è necessario ad integrare la condotta incriminata, e può altrimenti integrare estremi di reato diverso (come rileva la sentenza Contino, rifacendosi a Cass., Sez. 5, n. 11681/97, rv.
209266).
In ispecie la lettera dell’art. 95 non condiziona la rilevanza dell’offesa della pubblica fede al fine patrimoniale dell’atto falso (cfr. Cass., S.U. Giordano ed a., n. 25887/03). Non opera, difatti, specifica addizione di qualifica all’evento di pericolo, o all’intenzione di risultato dell’agente (dolo specifico), sicchè la falsità non può ritenersi innocua secondo parametro dell’evento, men che inutile secondo parametro del dolo.
E’ questa la ragione di previsione dell’evento di danno come mera aggravante.
Nè la condizione di punibilità può desumersi dal richiamo dell’art. 95 all’art. 79, comma 1, lett. c, la cui disposizione, si è visto, si combina con altre norme per rinvio espresso (artt. 76 e 92) o per rinvio implicito (v. anzitutto la distinzione di ammissibilità dell’istanza, che contiene tra l’altro la dichiarazione, dall’ammissione al beneficio od al rigetto dell’istanza in sè formalmente ammissibile, nell’art. 96).
E’ dunque esclusa qualsiasi esenzione categorica di legge (innocuità ), fuori del parallelo con quanto è dovuto nella dichiarazione IRPEF. La questione d’inidoneità è circoscritta nei limiti dell’art. 49 c.p., perciò diversa in quanto sempre e solo di fatto. In concreto è possibile ritenere inidonea all’offesa taluna omessa, e per sè falsa attestazione, quale quella di un diritto reale su mobile registrato. Ma va tenuto da conto che tale diritto deve essere dichiarato, già perchè la titolarità del bene incide sulla valutazione del giudice, secondo il parametro del tenore di vita, ed a maggior ragione se all’esercizio del diritto si connette uri attività economica, altro metro decisivo per l’ammissione al beneficio (art. 96, comma 1).
Insomma se il reato concerne la parte determinativa della dichiarazione, che si connette al tenore della dichiarazione IRPEF, giusto il principio premesso di S.U. P.G. in proc. Proietti, la valutazione d’inidoneità all’inganno non può essere implicata dal rilievo che la determinazione non è stata fatta propria dal magistrato, che abbia respinto l’istanza. L’inidoneità del falso o dell’omissione va apprezzata con riferimento a quanto il magistrato potesse intendere, prima di decidere nel merito. E, a maggior ragione, l’inidoneità non può desumersi dalla prova certa di sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione a beneficio, che si consegue dopo che il magistrato l’abbia disposta, per la verifica compiuta deferita all’ufficio finanziario (art. 98).
2.3 – Concludendo, la specifica falsità nella dichiarazione sostitutiva (art. 95, art. 79, lett. c) è connessa all’ammissibilità dell’istanza non a quella del beneficio (art. 96, comma 1), perchè solo l’istanza ammissibile genera obbligo del magistrato di decidere nel merito, allo stato. L’inganno potenziale, della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito, sussiste quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito, previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio.
Pertanto, la questione riceve risposta affermativa, nel senso che il reato di pericolo si ravvisa se non rispondono al vero o sono omessi in tutto o in parte dati di fatto nella dichiarazione sostitutiva, ed in qualsiasi dovuta comunicazione contestuale o consecutiva, che implichino un provvedimento del magistrato, secondo parametri dettati dalla legge, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione al beneficio.
Ogni altra questione è di fatto e, si è visto, pone in discussione cosa il magistrato potesse intendere allo stato a stregua delle comunicazioni dovute, e per contro la volontà del privato di trarlo in inganno, in reato punibile a titolo di dolo generico.
3 – Su questa premessa, la sentenza impugnata risulta incensurabile.
L’atto incriminato, a quanto motiva la sentenza di primo grado e conferma quella di appello, omette il riferimento a diritti reali su immobile, cui è connessa una attività oggetto di contratto, e su mobile registrato, dati ritenuti rilevanti per la determinazione del Tribunale di Palermo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 96.
Il fatto non è innocuo, ed è stato ritenuto incensurabilmente idoneo all’inganno, ancorchè il reddito complessivo sia, di seguito, risultato tale da non superare il limite previsto dalla legge.
Finalmente l’asserto incidentale di potenziale errore (quindi assenza del dolo generico), per indicazioni ricevute dall’imputata circa il tenore della dichiarazione da rendere, è di fatto, e non risulta specificamente sostenuto in appello.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Riferimenti normativi
D.P.R. 30-05-2002, n. 115, art. 76
D.P.R. 30-05-2002, n. 115, art. 78
D.P.R. 30-05-2002, n. 115, art. 79
D.P.R. 30-05-2002, n. 115, art. 95
Giurisprudenza correlata
Conformi
Cass. pen., sez. I, 09-04-2001, n. 14403
Cass. pen., sez. III, 08-08-2006, n. 28340
Cass. pen., sez. V, 04-04-2007, n. 13828
Cass. pen., sez. V, 28-03-2008, n. 13309 –
Difformi
Cass. pen., sez. V, 12-05-2006, n. 16338
Cass. pen., sez. V, 20-06-2006, n. 21194
Cass. pen., sez. V, 29-01-2008, n. 4467
Cass. pen., sez. V, 05-02-2008, n. 5532
Cass. pen., sez. V, 16-04-2007, n. 15139
Cass. pen., sez. IV, 09-11-2007, n. 41306
Cass. pen., sez. V, 18-03-2008, n. 12019
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Salve, sarei molto grata se riuscite ad aiutarmi.
Nel giugno 2007 il mio ex compagno(non eravamo sposati, ma con Lui abbiamo un figlio di 6 anni) ha fatto il ricorso nel tribunale di Venezia per minorenni per affidamento del nostro figlio.
Abbiamo avuto l'audienza sempre nel giugno 2007 e poi fino 19.03.2010 ho aspettato la decisione del tribunale.
A quel tempo ho fatto la richiesta per gratuito patrocinio e avuto la risposta positiva. Ora quando il processo è finito il mio avvocato, che mi ha assistita solo una volta al processo nel giugno 2007, mi chiede di portargli tutti i miei CUD di questi anni (sono alla fine 4 CUD, uno per ogni anno) dicendo che se io avessi superato il mio reddito minimo almeno per anno non mi spetta più la copertura delle spese d'avvocato dallo stato.
Vorrei sapere se è vero e se una volta ricevuto il gratuito patrocinio ora mi possono revocare solo se ho superato per un anno redditto minimo.
Vorrei precisare che nel anno 2009 ero inscritta preso il centro impiego in quando ero disoccupata per 1 anno e per 6 mesi. Ho percepito l'identità di disoccupazione di circa 7.000 euro, però fin ora non ho ricevuto il CUD da INPS.
Grazie mille.
Salve Olga,
Ti confermo che devi dimostrare, qualora richiesto, che hai mantenuto il possesso dei requisiti per l'ammissione al gratuito patrocinio per tutti gli anni di prosecuzione del contenzioso.
Quando hai presentato l'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, ai sensi dell'art. 79 1° co. lettera D del DPR 115/2002, hai preso
Pertanto la richiesta è più che legittima.
Il limite reddituale per anno è di € 10.628,16 di imponibile e, da quanto mi dici, Tu sei ampiamente all'interno della fascia di ammissibilità .
Spero di esser stato utile e Ti saluto cordialmente.
Alessio Alberti
Staff Associazione Art. 24 Cost.
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Gent.ma Associazione Art. 24,
Ho scritto oggi tramite il form del vs sito, ma riprendo qui la questione richiamata da questa sentenza.
Il DPR 115/2002 cita tra le altre cose quanto segue:
===================
ART. 79 (L)
(Contenuto dell'istanza)
1. L'istanza è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilità , contiene:
d) l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
===================
Nel mio caso sono stato ammesso al beneficio del g.p. il 04/04/2006, appena prima che iniziasse la fase istruttoria del processo di separazione (giudiziale). il processo ha avuto udienza conclusiva tra le parti (conversione in sep. consensuale) il 22/02/2008 e decreto di omologa il 31/07/2008.
Il mio modello unico (ditta individuale) relativo agli anni 2005, 2006 e 2007 dimostra un reddito IMPONIBILE al di sotto del limite per il g.p., mentre quello del 2008 è superiore (circa €14 mila). Io non ho comunicato questa variazione di reddito perchè:
a) il reddito complessivo 2008 si è costituito (bilancio finale della ditta = conto economico) solo al termine del 2008 e quello imponibile solo a settembre 2009 in quanto le tabelle di detrazioni e deduzioni pubblicate annualmente dall'ag. delle entrate per il 2008 sono state pubblicate solo a settembre 2009 (!) quando ormai il processo era terminato ed omologato.
b) La normativa (vedi parte riportata sopra) impone all'obbligato/beneficiato di comunicare le variazioni di reddito "fino a che il processo non sia definito", e a me pare che si possa considerare "definito" un processo alla data dell'udienza conclusiva o al più alla data del decreto di omologa.
Vorrei capire se ho fatto bene o nel caso contrario i suoi commenti e le motivazioni che si potrebbero addurre per negare la liquidazione ed eventualmente procedere nei miei confronti.
Grazie mille.
Mattia
Gentile Mattia, La ringrazio per il dettagliato quesito che consente di precisare un argomento molto attuale.
Le comunicazioni di variazione del reddito devono essere inviate, di anno in anno, dal momento in cui si ha il riferimento del nuovo imponibile.
Le mi dice che la Sua procedura si è conclusa nel luglio 2008 e, quindi, il reddito di riferimento non può che essere quello della dichiarazione 2008 per l'anno 2007.
Non vedo come si possa utilizzare il computo di una redditualità inerente il medesimo 2008 che non si è ancora formata (in ispecie se è conseguente ad una attività di impresa che, di per sè, richiede la sommatoria di tutte le componenti positive e negative alla data del 31 dicembre di ogni anno).
Spero di esserle stato utile.
Cordialità .
Alessio Alberti
Staff Associazione Art. 24 Cost.
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Il limite reddituale per il gratuito patrocinio nel 2011 verrà aumentato? Si sa già di quanto? Grazie
Agostino G.
Gentile Agostino,
l'art. 77 del Testo unico DPR 115/2002 prevede l'adeguamento ogni due anni dei limiti di reddito per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatesi nel biennio precedente. L'ultimo aggiornamento è avvenuto il 20 gennaio 2009, pertanto, è atteso analogo provvedimento dopo il 20 gennaio 2011 nella misura prevista dall'art. 77 che citavo poc'anzi.
Non appena vi sarà emissione del decreto provvederemo a darne ampia pubblicazione.
Per miglior dettaglio Le indico la nostra “Guida Breve all’ammissione al Gratuito Patrocinioâ€; la trova QUI: https://www.avvocatogratis.com/2010/03/scarica-il-manuale-sul-gratuito-patrocinio/
Spero di esserLe stato utile.
Cordialità .
Alessio Alberti
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Gent.ma Associazione Art. 24,
La ringrazio molto per la sua risposta, ora sono più tranquillo.
Cordiali saluti
Mattia Battistich