In un’era senza pudori, fatta di scandali giudiziari che coinvolgono mezza Italia, la vita di coloro che si trovano interessati da indagini non trova facile e ancor meno breve soluzione.
Le inchieste importanti partono da eventi nazionali e rubano tempo alle forze dell’ordine che hanno risorse limitate. Il resto del carico giudiziario di commissariati e reparti di polizia giudiziaria si stratifica di anno in anno, dando poche chance agli improbabili inquisiti di vedere chiarita la propria posizione. Come ho già scritto, nel territorio della Repubblica sono attivi ben 5.900.000 procedimenti penali e, visto che le famiglie italiane sono tre volte tante, almeno una su tre ha lo zio od il cugino indagato nel proprio salotto. E non possono essere davvero tutti colpevoli: altrimenti non servirebbero i giudici e basterebbero le procure, oltre a dovre conteggiare un decimo degli italiani nelle patrie galere…..
Anche il lettore meno addentro alla cronaca giudiziaria si può ben rendere conto che il numero di procedimenti penali è ormai fuori controllo e le forze disponibili al ministero di giustizia non sono in grado di fare fronte nemmeno al carico di lavoro generato dalla criminalità organizzata, figuriamoci a tutto quello che è conseguente alla miriade di norme che in Italia definiscono reato il 50 % di quello che pensiamo di fare.
Per questa ragione i procedimenti che interessano la grande maggioranza degli indagati diventa di serie B già alla sua nascita.
Non tutti infatti, e per fortuna, sono compagni di ventura di Bernardo Provenzano e Vallanzasca mentre tanti altri non sanno nemmeno cosa voglia dire appartenere ad una loggia massonica, figuriamoci una P4. La grande parte dei reati iscritti al registro notizie di reato ha a che vedere con ingiurie, percosse e diffamazioni, passando magari per lesioni personali da incidente stradale o abuso edilizio per il garage non autorizzato.
Da tutto questo discende che i soggetti preposti alle indagini decidono a priori cosa perseguire e cosa no, lasciando alla mera teoria la tanto invocata obbligatorietà dell’azione penale.
E se si possono seguire solo le indagini di certi reati, più importanti o mediaticamente prioritari, non sbaglio quando dico che tutti gli altri reati vengono lasciati giacere nei corridoi delle procure in attesa che arrivi il loro turno fra una priorità e l’altra.
Non è colpa di nessuno, o forse solo di un legislatore cinquantennale che ha dimenticato l’abnorme estendersi delle norme di rilevanza penale intasando il nostro corpo normativo. In altre parole potrei dire che, nel momento in cui quasi tutto può essere reato (dall’ambiente del comune alla cucina di un ristorante), il coltivare l’indagine A piuttosto che l’indagine B diventa una scelta discrezionale del Pubblico Ministero, con la conseguenza che l’opzione tralasciata creerà un prigioniero non dichiarato.
Mi chiederai cosa voglio dire con quella che sembra una provocazione. Permettimi di dirti che è ora di guardare la realtà nuda e cruda e smetterla di sognare possibili buone intenzioni nella testa di coloro che soppesano la vita di ciascuno di noi.
E lo dico sapendo che scopro un vaso di pandora così diventando una persona scomoda : nel momento in cui un fascicolo viene messo in lista d’attesa, perché ve ne sono altri di più urgenti, i soggetti coinvolti come persone indagate vengono recluse in un limbo in cui resteranno tali per anni ed anni, magari fino alla loro naturale liberazione dalla prigionia per la prescrizione del reato (almeno 6 anni dopo).
Il reato contestato diventa perciò solo la causa del loro incatenamento ai remi, o meglio al fascicolo della procura che viene archiviato nei corridoi di qualche palazzo di giustizia in attesa che un maresciallo di buona volontà abbia del tempo da dedicarci per scoprire se c’è effettivamente un fatto di reato, se quel fatto è stato commesso da Mario o Gianni, se Gianni o Mario sono innocenti e se mandare quel fascicolo al PM perchè liberi quello dei due che non c’entra nulla con la vicenda.
Esatto!
Perchè se anche uno non ha nulla a che vedere con il fatto di reato non ha diritto a vedersi proclamato innocente entro un certo tempo …. può solo sperare che prima o poi becchino il vero colpevole prima che il reato si prescriva … senza che la sua vita venga mondata da quelle accuse infamanti.
In attesa di quel momento si deve comunque restare aggiogati alla vicenda processuale cercando di fare fronte alle affermazioni dell’accusa con una propria difesa che deve essere gestita per legge da un avvocato abilitato ed iscritto all’Ordine Forense.
Se il Corriere della Sera di oggi non sbaglia, almeno 8 milioni di Italiani devono però porsi il problema di come gestire questa vicenda con un reddito al di sotto della soglia di povertà (992 euro mensili).
E’ nozione di facile comprensione quella per cui un lavoro che dura un mese costa meno dello stesso protratto per 6 anni. Per questo, una difesa penale che debba gestire un procedimento penale per anni può costare molto e non tutti possono permettersi una difesa di alto livello dovendo attingere a scarse risorse finanziarie.
A questa necessità si può trovare una risposta in una scelta di civiltà che la nostra repubblica al fatto fin dalla sua nascita con la previsione del Patrocinio a spese dello Stato nell’art. 24 della nostra costituzione.
Tutti hanno diritto ad una difesa processuale a prescindere dalle loro condizioni reddituali: ad oggi il limite reddituale massimo per il gratuito patrocinio è di € 10.628,16, maggiorato nel penale di € 1.032 per ogni familiare a carico.
Questo consente ai detti 5 milioni di italiani che hanno solo 992 euro, un coniuge ed un figlio, ad avere la difesa pagata dallo Stato per tutti gli anni in cui il procedimento penale che li ha resi prigionieri avrà a durare.
Tutto questo ringraziando le scelte di chi ha dichiarato di serie B l’indagine che riguarda tutti gli innocenti che attendono l’accertamento della loro estraneità ai fatti contestati o la prescrizione dei reati commessi dai colpevoli.
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Avv. Alberto Vigani: Blogger, Consulente del Lavoro e Avvocato specializzato in Diritto del Lavoro ed in Procedure Arbitrali in Venezia, è co-fondatore della Camera Arbitrale della Venezia Orientale. È iscritto agli “elenchi degli avvocati abilitati al Patrocinio a spese dello Stato dell’Ordine degli Avvocati di Venezia”. È anche il segretario della Camera Avvocati di San Donà di Piave e il redattore di www.amministratoridisostegno.com, dove scrive in materia di ADS e questioni connesse.
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