GRATUITO PATROCINIO: RIFUSIONE SPESE STRAGIUDIZIALI? SI, ANZI NO, OVVERO FORSE!

LA CASSAZIONE NEGA IL GRATUITO PATROCINIO PER LE SPESE STRAGIUDIZIALI DOPO AVERLE AMMESSE SE NECESSARIE AL PROCESSO

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione

La Suprema Corte ammette e nega la rifusione delle spese legali ante processo con due sentenze emesse lo stesso giorno, escludendole per la fase conciliativa e consentendone la liquidazione solo se erano necessarie alla successiva fase processuale.

Il 23 novembre la Cassazione (con la sentenza n. 24723) nega la contemporanea sentenza n. 24729 ed afferma che il gratuito patrocinio non copre anche l’attività stragiudiziale: il passaggio oscuro si svolge al momento della liquidazione del compenso spettante al legale da parte del magistrato.

La sentenza n. 27423 interviene sulla rifusione delle attività stragiudiziali svolte dall’avvocato nominato dall’avente diritto dopo aver ottenuto l’ammissione al gratuito patrocinio in sede civile, ovvero dopo il giudizio di non manifesta infondatezza della introducenda lite giudiziale. Attività che è bene ricordare riesce sovente ad essere risolutoria anche prima dell’avvio del processo vero e proprio.

La coeva sentenza n. 24729 invece ha ammesso la rifusione per le spese antecedenti la fase processuale a condizione che queste siano direttamente e necessariamente collegate alla difesa tecnica da svolgersi nel giudizio.

La Corte parte dall’affermare che l’ammissione al patrocinio a spese dello stato è consentita esclusivamente nel processo penale, civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione a favore del cittadino non abbiente, e quando le sue ragioni non risultino manifestamente infondate,  ai sensi e per chi effetti dell’art. 74 del DPR 115/2002. Tale ammissione è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali, procedure derivate ed accidentali, comunque connesse  ai sensi del successivo art. 75.

Da lì si fa derivare che il patrocinio a spese dello Stato è previsto esclusivamente per la difesa in giudizio del cittadino non abbiente in attuazione al dettato dell’art. 24 Cost.  perchè l’onere posto a carico dello Stato è giustificato in quanto sia preordinato a soddisfare l’esigenza di assicurare il ricorso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui la pretesa del cittadino non abbiente non risulti manifestamente infondata.

Si nega così che il quadro normativo di riferimento e la interpretazione logico – sistematica dell’art. 124 del decreto n. 115 del 2002, citato dal ricorrente, possano sostenere  le ragioni dedotte poichè la  disposizione da ultimo citata, nel disciplinare le modalità di presentazione della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fa l’ipotesi in cui la stessa sia formulata quando il processo sia già iniziato e quella in cui la parte formuli l’istanza prima dell’inizio del giudizio al fine di avvalersi del patrocinio per l’azione ancora da intraprendere ma ad essa finalizzata,  va evidentemente interpretata non facendo discendere dall’espressione “quando il processo non pende”, come invece sostenuto dal ricorrente, che anche l’attività stragiudiziale possa formare oggetto di gratuito patrocinio.

Se le ragioni in mero diritto sul motivo svolto risultano poco contestabili, il tutto pare però non tenere conto della trasformazione in atto con l’introduzione dell’istituto della mediazione obbligatoria, dove si genera un’attività certamente stragiudiziale che è condizione di procedibilità della fase giudiziale del contenzioso e che già ammette il ricorso al gratuito patrocinio per la prenotazione a debito del contributo e del compenso dei mediatori.

In realtà si fatica a capire come si possa ritenere necessaria la fase di predisposizione del ricorso nell’ambito della presentazione della di ammissione al gratuito patrocinio avanti l’Ordine Forense (di cui alla sentenza n. 24729) mentre non si valorizza tutta l’attività conciliativa necessitata obbligatoriamente avanti il mediatore. Specialmente quando si ricorda che tutto ciò che si svolge in sede di mediazione ha effetti importanti nel successivo processo.

Nella convinzione che un percorso di mediazione senza supporto legale sia un pericolo tentativo di suicidio processuale, si crede che anche l’attività dell’avvocato in tali ambiti debba poter trovare ristoro ex art. 24 Cost. mentre il negarla sarebbe solamente un mezzo surrettizio per eludere l’intento di parità della difesa richiesto dal medesimo disposto costituzionale.

La Corte invece respinge il ricorso di un  avvocato torinese contro la decisione della Corte d’appello che aveva rigettato, ritenendola illegittima, la richiesta di liquidazione delle competenze per l’attività stragiudiziale svolta in qualità di difensore nei confronti di una donna ammessa al gratuito patrocinio e così perde ancora una volta l’occasione di agganciare la vita del mondo processuale ai tempi ed alle esigenze della vita reale.

Dario Mazzola

Di seguito si riporta per intero la pronuncia in commento.

Corte di Cassazione Sez. Seconda Civ. Sent. n. 24723 del 23.11.2011

Svolgimento del processo.

1. La Corte di appello di Torino, con provvedimento del 13 luglio 2006, rigettava il reclamo proposto dall’avv. E.C.F. avverso il decreto con cui il Tribunale di Torino aveva dichiarato inammissibile la domanda di liquidazione delle competenze per l’attività stragiudiziale dal medesimo svolta quale difensore di S. R. ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
L’istanza era respinta sul rilievo che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 il patrocinio a spese dello Stato è previsto per l’attività giudiziale e non pure per quella stragiudiziale.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’avv. F..E.C. sulla base di due motivi illustrati da memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente, dopo avere premesso l’impugnabilità del provvedimento gravato ai sensi dell’art. 111 Cost. e deducendo la violazione degli artt. 74, 75 e 124 del D.P.R. 115 del 2002, denuncia l’errore della Corte di appello laddove, a stregua di una interpretazione restrittiva e letterale della normativa richiamata, aveva ritenuto che il patrocinio a spese dello Stato avesse a oggetto soltanto l’attività giudiziale e ciò in contrasto con l’art. 24 Cost. che è attuazione del principio di uguaglianza e non tenendo conto che l’art. 124 del citato decreto prevede che l’istanza di ammissione può essere chiesta anche quando il processo non pende.

1. Il motivo va disatteso.

Può innanzitutto ritenersi pacifico, anche a stregua di quanto esposto e dedotto dal ricorrente, che il compenso è stato chiesto per attività esclusivamente stragiudiziale espletata dall’avv. C. nell’interesse di S. R. ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

La richiesta è stata correttamente respinta sul rilievo che l’attività per la quale è prevista l’ammissione a spese dello Stato è soltanto quella giudiziale. In proposito va osservato che le disposizioni dettate dal decreto n. 115 del 2002 prevedono:

a) l’ammissione al patrocinio a spese dello stato esclusivamente nel processo penale, civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione a favore del cittadino non abbiente e quando le sue ragioni non risultino manifestamente infondate (art. 74);

b) l’ammissione è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali, procedure derivate ed accidentali, comunque connesse (art. 75 primo comma); la disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell’esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l’interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico (art. 75 secondo comma).

Le disposizioni citate non lasciano alcun dubbio che il patrocinio a spese dello Stato è previsto esclusivamente per la difesa in giudizio del cittadino non abbiente, avendo il legislatore inteso in tal modo dare attuazione al dettato dell’art. 24 Cost.

Ed invero, l’onere posto a carico dello Stato e quindi della collettività intanto è giustificato in quanto sia preordinato a soddisfare l’esigenza di assicurare il ricorso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui la pretesa del cittadino non abbiente non risulti manifestamente infondata, perché altrimenti si verrebbe a negare il riconoscimento di diritti per l’impossibilità del singolo di accedere alla giurisdizione a causa delle proprie condizioni economiche.

D’altra parte, il quadro normativo di riferimento e la interpretazione logico – sistematica dell’art. 124 del decreto n. 115 del 2002, invocato dal ricorrente, evidenziano come quest’ultima norma non avvalori la tesi sostenuta con il ricorso, atteso che la disposizione da ultimo citata, nel disciplinare le modalità di presentazione della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fa l’ipotesi in cui la stessa sia formulata quando il processo sia già iniziato e quella in cui la parte formuli l’istanza prima dell’inizio del giudizio al fine di avvalersi del patrocinio per l’azione ancora da intraprendere ma ad essa finalizzata in tal senso va evidentemente interpretata l’espressione “quando il processo non pende” che non sta a significare, come invece sostenuto dal ricorrente, che anche l’attività stragiudiziale possa formare oggetto di gratuito patrocinio.

Appare del tutto fuori luogo il richiamo del precedente di legittimità allegato dal ricorrente alla memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ.: quella decisione, peraltro in conformità di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, si è limitata a statuire che devono considerarsi giudiziali anche quelle attività stragiudiziali che, essendo strettamente dipendenti dal mandato alla difesa, vanno considerate strumentali o complementari alle prestazioni giudiziali, cioè di quelle attività che siano svolte in esecuzione di un mandato alle liti conferito per la rappresentanza e la difesa in giudizio (e sulla base di tale presupposto è stato riconosciuto dovuto il compenso per l’assistenza e l’attività svolta dal difensore per la transazione della controversia instaurata dal medesimo).

2. Il secondo motivo denuncia l’illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 4 e 36 Cost., del decreto n. 115 del 2002, qualora si ritenesse che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia limitato all’attività giudiziale.

2. Il motivo è inammissibile, non essendo stato formulato il quesito previsto dall’art. 366 bis introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006 ratione temporis applicabile alla specie.
Ed invero in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando – non diversamente da quanto avveniva prima della riforma – la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità, suppone necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto (S. U. 28050/2008).

Il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Depositata in Cancelleria il 23.11.2011

 

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