IL DECRETO SVILUPPO DI MONTI MODIFICA L’INDENNIZZO DA LEGGE PINTO

COME FARSI RISARCIRE CON MONTI  LA IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO?

Eccessiva durata del processo?

Eccessiva durata del processo?

Il governo Monti non aggiorna il tetto del gratuito patrocinio, ma limita il risarcimento da processi troppo lunghi.

Le novità  sono state introdotte alla c.d. Legge Pinto (la Legge n. 89/2001) e valgono per i  nuovi ricorsi depositati dopo il 10 ottobre 2012.

Con il decreto sono ora previsti specificatamente i termini di durata massima del processo (civile e penale) che se superati fanno nascere il diritto all’equa riparazione (ma con una riduzione ed una cristallizzazione di quanto la giurisprudenza già  usava di prassi).

Si passa da un criterio giurisprudenziale ad uno normativo definendo una volta per tutte le fasi di durata massima del processo. Ma pare che la cittadino non vada davvero meglio.

Resta invece fermo il tetto risarcitorio e quello per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato; aumentano però i costi di avvio della procedura. Vediamolo in dettaglio.

Con il Decreto Sviluppo di Monti è statuito che la durata del processo è irragionevole se:

-  supera i 3 anni in primo grado;

-  supera i 2 anni in grado di appello ;

-  supera 1 anno in Cassazione .

Nel caso di procedimento di esecuzione forzata (ovvero per un pignoramento), la durata del processo è irragionevole se eccede i 3 anni.

Nella fattispecie dei procedimenti concorsuali (fallimento o concordato preventivo), invece, la durata è irragionevole e da luogo a risarcimento se eccede i 6 anni (qui vi è un vantaggio per il cittadino perchè la giurisprudenza prima parlava in linea di massima di 7 anni). Ora però il termine ragionevole è tassativo e si ritiene rispettato se il giudizio è definito in modo irrevocabile entro 6 anni.

 

La richiesta di risarcimento per la eccessiva durata del processo, equa riparazione, deve essere presentata a pena di decadenza solo entro 6 mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che conclude in via definitiva il procedimento, mentre non diventa più esperibile la richiesta risarcitoria in pendenza del procedimento: anche se il processo durasse 20 anni, il cittadino interessato dovrà  attendere la sua conclusione e non potrà  più presentare domande risarcitorie prima della sua conclusione. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e laproposizione della stessa.

Ora è poi definita per legge la misura dell’indennizzo: l’importo risarcitorio sarà  da valutarsi nella fascia tra euro 500 e  euro 1.500 per ogni anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che superi il termine ragionevole di durata del processo. Per completezza si precisa che il risarcimento non può mai superare il valore della causa o a quanto effettivamente accertato dal Giudice come valore del diritto oggetto del processo medesimo.

Con il Decreto Sviluppo si prevedono poi alcune limitazioni all’indennizzo per eccessiva del processo.

Non è dovuto alcun risarcimento ex legge Pinto quando:

  • la parte soccombente è stata condannata per aver agito o resistito in giudizio con lite temeraria, ovvero con mala fede o colpa grave (art. 96 c.p.c.);
  • quando la parte che agisce per essere risarcita non ha accettato, senza giustificato motivo, la rifusione delle spese di lite maturate dopo la formulazione della proposta conciliativa, laddove la domanda giudiziale sia accolta in misura non superiore all’eventuale proposta stessa (art. 91, co. 1, secondo periodo, c.p.c.);
  • nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;
  • in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;
  • nei confronti della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta conciliativa ed è stata condannata a rimborsare le spese sostenute dalla parte soccombente nel periodo successivo alla proposta, nonchè a versare all’Erario una somma pari all’importo del contributo unificato dovuto, laddove il provvedimento che definisce il giudizio corrisponda interamente al contenuto della proposta conciliativa (art. 13, co. 1, primo periodo, D.Lgs. n. 28/2010).

Fino a qui si tratta di variazioni che riguardano i requisiti oggettivi per richiedere il risarcimento e la sua entità . Poco varia per il cittadino se non per l’introduzione di elementi rigidi che impediranno al Giudice di derogare in casi particolari al tetto risarcitorio. Purtroppo diversamente è da dirsi per quello che è poi stato variato nel procedimento per ottenere il risarcimento.

Ora:

  1. la richiesta risarcitoria si introduce con ricorso presentato ad un giudice monocratico presso la Corte di Appello (presidente della Corte d’Appello o magistrato designato) che provvede con decreto motivato entro il termine ridotto 30 gg. dal deposito (prima era 4 mesi ma il Giudice era collegiale);
  2. se la domanda risarcitoria viene accolta, il giudice monocratico ingiunge il pagamento immediato dell’indennizzo liquidato, senza più la dilazione di 4 mesi per la fase esecutiva;
  3. se la domanda risarcitoria non viene accolta essa non può essere ripresentata e si può fare solo opposizione al diniego entro il termine tassativo di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto.

Quanto alle comunicazioni e notificazioni, il Decreto sviluppo prevede la necessità  di notificare la copia autentica del ricorso e del decreto di accoglimento alla PA soccombente. Infatti l ricorso. unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, deve essere notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda e’ proposta.

Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.  La notificazione del decreto di accoglimenti  rende improponibile l’opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

Purtroppo adesso, unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei seguenti atti:

  • l’atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata;
  • i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;
  • il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.

Da questo ne deriva che ora il cittadino che ha subito il danno da ingiusta durata del processo dovr  anche chiedere copia autentica di tutti i sopradetti documenti, non onerando più come prima la P.A. che già  li detiene, e così sostenendone personalmente il costo, che potrà  anche essere sensibile se la cancelleria non riterrà  che la destinazione degli atti per un procedimento fiscalmente esente valga ad evitare l’apposizione di marche per centinaia di euro.

Infine, sono state previste sanzioni processuali per il ricorrente nel caso in cui la domanda di indennizzo sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

Resta invece invariato che “l‘erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibiliovvero nei limiti della cassa sempre più scarsa dei fondi del Ministero di Giustizia, così obbligando gli aventi diritto ad attivarsi in via giudiziale per il recupero di quanto dovutogli dall’erario; magari anche fruendo del patrocinio a spese dello Stato di cui puoi sapere di più con la Guida Breve al Gratuito Patrocinio scaricabile gratis adesso in formato E- book (PDF) cliccando QUI.

Poi, se vuoi scoprire altro sul risarcimento da Legge Pinto con il Patrocinio a spese dello Stato, scarica qui di seguito la Guida Breve predisposta per lo staff di Avvocatogratis.com aggiornata Guida breve al risarcimento ex Legge Pinto con il gratuito patrocinio.

Associazione Art. 24 Cost.

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