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La Cassazione Penale cambia orientamento.
Qualora si verifichino fattispecie in cui, nonostante il richiedente dimetta una dichiarazione dei redditi con importi maggiori del tetto reddituale per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, la situazione economica del medesimo istante peggiori in una frazione dello stesso periodo di imposta, si potrà tenerne conto e ammettere comunque il soggetto al beneficio.
Lo consente un’interpretazione logica e sistematica della norma. La scelta di utilizzare il criterio del riferimento alla dichiarazione dei redditi è, infatti, ricollegato alla necessità di utilizzare un criterio oggettivo e predeterminato al fine di evitare complessi accertamenti che appesantirebbero ingiustificatamente il percorso processuale penale.
Per questa ragione si può ragionevolmente ritenere che la scelta legislativa sia fondata, altresì, sulla massima di esperienza che, nella normalità dei casi, il reddito tende a rimanere invariato o a crescere e, quindi, il legislatore non ha ritenuto di disciplinare espressamente il caso della diminuzione rispetto alla presentazione dell’ultima dichiarazione.
Invero, poichè le variazioni (in aumento) dei limiti di reddito devono essere comunicate dal richiedente e la mancata comunicazione della variazione dei limiti di reddito costituisce motivo per la revoca dell’ammissione, ne consegue la rilevanza delle variazioni reddituali anche se intervenute dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi.
In via speculare, rifiutare l’ammissione di fronte ad un peggioramento della situazione reddituale nell’ultimo frazione del periodo fiscale porrebbe seri dubbi di costituzionalità, sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, essendo in contrasto con ogni principio di ragionevolezza riservare un trattamento deteriore a chi abbia subito una diminuzione di reddito successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi e, sotto diverso profilo, ritenere rilevanti solo le variazioni di reddito in aumento e non quelle in diminuzione.
Di seguito il testo integrale della sentenza del 10 ottobre 2014 (Cass. pen., Sez. IV, Sent., ( 17/11/2014, n. 47343).
Avv. Alberto Vigani
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente –
Dott. CIAMPI Francesco Mar – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria T – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.E., nata il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 210/2010 G.I.P. TRIBUNALE di FORLI’, del 08/10/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
lette le conclusioni del PG Dott. VINCENZO GERACI che ha chiesto che “la Corte Suprema, con le conseguenti statuizione, voglia annullare senza rinvio il provvedimento impugnato”.
Svolgimento del processo
1. Con decreto dell’8/10/2013 il G.I.P. del Tribunale di Forlì, a seguito di richiesta dell’Agenzia delle Entrate, revocava l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato di M.E., in precedenza disposta in relazione al procedimento penale n. 5953/10 R.G.N.R..
A fondamento di tale provvedimento poneva l’esito di accertamenti compiuti dall’Agenzia delle Entrate di Forlì, dai quali emergeva che nell’anno di imposta 2008 – preso a riferimento sia perchè nè la richiedente nè il di lei coniuge avevano presentato dichiarazione dei redditi per l’anno 2009, sia perchè si è ritenuto che l’ultima dichiarazione utile, agli effetti del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, dovesse considerarsi quella per la quale erano scaduti i termini di presentazione (tale essendo, nella specie, pertanto, solo quella relativa all’anno 2008, essendo stata presentata l’istanza in data 29/9/2009) – il coniuge aveva percepito redditi per un importo di Euro 16.515,00, superiore alla soglia al di sotto della quale si ha diritto al richiesto beneficio.
2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione la M., per mezzo del proprio difensore, sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo deduce violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, per avere il G.I.P. preso a riferimento i redditi del 2008 omettendo di considerare che nel 2009 la dichiarazione non era stata presentata poichè, come specificato nell’istanza di ammissione, nè lei nè il proprio coniuge avevano percepito redditi.
Assume, infatti, che, con la locuzione “reddito risultante dall’ultima dichiarazione”, la citata disposizione intenda riferirsi al reddito risultante dall’ultimo anno di imposta maturato, anche se non ancora depositata la relativa dichiarazione.
Osserva che, comunque, avrebbe dovuto attribuirsi rilievo alla variazione peggiorativa sopravvenuta nell’anno 2009, rappresentata dal venir meno del reddito del coniuge.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, comma 3, per essere stato emesso il provvedimento impugnato da giudice incompetente.
Rileva, infatti, che, a norma della citata disposizione, la competenza a provvedere alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve attribuirsi al giudice innanzi al quale pende il procedimento nel momento in cui è acquisita la notizia del venir meno dei presupposti del beneficio.
Evidenzia quindi che, nella specie, al momento dell’emissione del decreto di revoca, avvenuta in data 8/10/2013, il procedimento penale pendeva davanti alla Corte d’appello di Bologna, a seguito di impugnazione depositata in data 11/6/2012 avverso la sentenza conclusiva del primo grado di giudizio.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’impugnato decreto di revoca.
2. Il P.G. in sede ha depositato memoria con la quale ha chiesto che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, venga pronunciato l’annullamento del provvedimento impugnato.
Motivi della decisione3. Va preliminarmente rilevato, in punto di competenza, che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, comma 3, la competenza a disporre la revoca dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato spetta al magistrato che procede al momento della scadenza dei termini previsti per le comunicazioni relative alle eventuali variazioni di reddito dell’interessato (ovvero per la produzione delle certificazioni ivi richiamate), ovvero al momento in cui dette comunicazioni sono effettuate.
Tali momenti (determinativi della competenza funzionale del magistrato che contestualmente “procede”) appaiono, quindi, identificati dal legislatore in corrispondenza dell’esatto momento in cui devono ritenersi eventualmente venuti meno (concorrendone i presupposti in fatto) i requisiti sostanziali per il godimento del beneficio cui l’interessato era stato precedentemente ammesso; tanto in considerazione della piena idoneità della scadenza dei termini per le ridette comunicazioni, ovvero della relativa effettuazione, a cristallizzare il momento giuridicamente rilevante ai fini della definitiva perdita, da patte dell’interessato, dei requisiti sostanziali per l’ammissione al beneficio de quo.
In breve, nel momento stesso in cui l’interessato risulta legalmente non più provvisto dei requisiti per il godimento del beneficio, viene a determinarsi in via automatica anche l’identificazione del magistrato competente a decidere sulla revoca della relativa ammissione, tale essendo il magistrato in tale specifico momento investito del procedimento in corso (“che procede”).
Nel caso di specie, trattandosi di mancanza originaria dei presupposti per l’ammissione al beneficio, deve ritenersi pienamente confermata la competenza funzionale del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Forlì a provvedere sulla richiesta di revoca dell’ammissione al beneficio, risalendo per tal motivo i suoi presupposti evidentemente alla stessa data dell’iniziale decreto di ammissione e, comunque, a epoca anteriore al passaggio del giudizio al grado successivo (v. Sez. 4, n. 49420 del 07/11/2013, Giglia, Rv. 257904; cfr. anche Sez. 3, n. 2950 del 29/11/2001, dep. 2002, Di Stefano, Rv. 221061, secondo la cui massima “il giudice dinanzi al quale pende il procedimento è competente a revocare d’ufficio l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche nell’ipotesi in cui risulti che la mancanza dei requisiti reddituali è originaria, non potendo essere in ciò condizionato dalla richiesta dell’Intendente di finanza (ora Direttore regionale delle Entrate), prevista dalla L. 30 luglio 1990, n. 217, art. 10, comma 2, atteso che tale competenza si configura come esercizio della generale potestà di autotutela della pubblica amministrazione, posto che la decisione in ordine al patrocinio a spese dello Stato a favore dei non abbienti ha sostanzialmente natura amministrativa” – principio che, sebbene affermato in relazione a ricorso in cui si contestava la stessa possibilità di emettere, quale che fosse il giudice procedente, provvedimento di revoca in mancanza di apposita istanza da parte dell’ufficio finanziario, si riverbera anche, alla luce del criterio sopra indicato, sulla individuazione del momento in cui si radica la competenza, da identificare con quello stesso in cui vengono ad esistenza i presupposti della revoca, momento che ben può dunque essere – come nel caso in esame -antecedente e indipendente dal formale impulso dell’amministrazione finanziaria).
4. Nel merito, è fondato il primo motivo di ricorso.
Come a ragione ivi ricordato, la Suprema Corte (Sez. 4, n. 8103 del 16/11/2005, dep. 2006, D’Agostini, Rv. 233529; v. anche, succ. conf., Sez. 4, n. 2620 del 11/11/2010, dep. 2011, Scalinci, Rv. 249493; Sez. 4, n. 34456 del 23/06/2011, Rossella, Rv. 251099) ha già avuto modo di affrontare il problema, posto dalla ricorrente, relativo al rilievo attribuibile alle variazioni reddituali, intervenute dopo la presentazione dell’ultima dichiarazione dei redditi, che abbiano fatto scendere il reddito ad un importo inferiore alla somma indicata e tale da non costituire più ostacolo all’ammissione al beneficio ed ha rilevato che, interpretata con criteri meramente letterali, la normativa potrebbe condurre ad escludere la rilevanza di tali variazioni, ma che invece un’interpretazione logica e sistematica consente di pervenire a conclusioni diverse.
La scelta di utilizzare il criterio del riferimento alla dichiarazione dei redditi è, infatti, ricollegato alla necessità di utilizzare un criterio oggettivo e predeterminato, sia pure di provenienza di parte, al fine di evitare complessi accertamenti che appesantirebbero ingiustificatamente il processo penale. Ma si può ragionevolmente affermare che la scelta legislativa sia fondata, altresì, sulla massima di esperienza che, nella normalità dei casi, il reddito tende a rimanere invariato o a crescere e, quindi, il legislatore non ha ritenuto di disciplinare espressamente il caso della diminuzione rispetto alla presentazione dell’ultima dichiarazione.
Ma poichè questo caso – la diminuzione avvenuta dopo la presentazione della dichiarazione – può ovviamente verificarsi e poichè la fattispecie non è espressamente disciplinata non sembra che da tale omissione possa trarsi la conclusione che la variazione sia irrilevante e che il Giudice dell’ammissione o dell’opposizione non debba tenerne conto.
Insomma, nè la lettera della legge, nè lo scopo da essa perseguito, autorizzano a ritenere esclusa la possibilità per il richiedente di dimostrare l’intervenuta variazione di reddito a suo sfavore, anche perchè una diversa interpretazione inciderebbe negativamente sull’effettività della difesa dell’imputato.
Soccorre in tal senso, del resto, il rilievo che le variazioni (in aumento) dei limiti di reddito devono essere comunicate dal richiedente che ne assume l’impegno con l’istanza presentata (art. 79, comma 1, lett. d) e che la mancata comunicazione della variazione dei limiti di reddito costituisce motivo per la revoca dell’ammissione (art. 112, comma 1, lett. a).
Se ne può, infatti, ricavare la rilevanza, per la conservazione del beneficio, delle variazioni dei limiti di reddito anche se intervenute dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Sarebbe illogico, invero, escludere la rilevanza se la variazione – invece di avere l’effetto di escludere il beneficio – valga invece a far rientrare l’istante nei limiti richiesti per l’ammissione al medesimo; fermo restando che, a fronte di una dichiarazione dei redditi che indichi un livello di reddito superiore a quello previsto (dichiarazione che costituisce una sorta di confessione stragiudiziale), incombe sul richiedente fornire la prova rigorosa del mutamento successivamente intervenuto.
Del resto, come opportunamente rimarcato nei richiamati precedenti, la contraria soluzione porrebbe seri dubbi di costituzionalità, sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, essendo in contrasto con ogni principio di ragionevolezza riservare un trattamento deteriore a chi abbia subito una diminuzione di reddito successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi e, sotto diverso profilo, ritenere rilevanti solo le variazioni di reddito in aumento e non quelle in diminuzione.
Nel dubbio tra due interpretazioni opinabili della normativa da applicare al caso concreto è, quindi, necessario adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata idonea a far venir meno i dubbi di costituzionalità della norma. Anche perchè la disciplina del patrocinio a spese dello Stato costituisce applicazione di un preciso obbligo costituzionale (art. 24 Cost., comma 3) oltre che adempimento dell’art. 6, comma, 3 lett. e), della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
5. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto con l’annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio al Tribunale di Forlì che si adeguerà ai principi indicati verificando se la ricorrente abbia fornito la prova rigorosa della diminuzione di reddito idonea a ritenere non superati i limiti di reddito previsti.
P.Q.M.
Annulla l’impugnato provvedimento con rinvio al Tribunale di Forlì per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2014