Sono le cause a chiamare gli avvocati o gli avvocati a generare le cause?
La domanda non é banale come si può pensare, visto che per vent’anni tutte le critiche al mondo forense sono partite dalla seconda tesi.
A dirla tutta dovremmo prima ricordare che in questi vent’anni abbiamo visto la parabola del partito delle manette, prima ascendente e poi all’opposto.
A partire da tangentopoli i fans di Dipietro hanno monopolizzato ogni ermeneutica della Giustizia italiana diventando prima i monopolisti della sinistra e poi i supporters veterotestamentari dell’antiberlusconismo. Tutto é aumentato in un crescendo parossistico e turbinante per spegnersi infine nel ridicolo della corte intimista del Vate di Arcore.
Percorso finito. Ormai è tutto pronto a sbiadirsi nella lontananza per lasciar spazio ad una valutazione lontana dalla partigianerie calcistiche e più capace di analizzare numeri e stato di fatto di ciò che si vive.
Bene, ora siamo all’anno zero. San Silvio non fa più paura a nessuno, anzi il contrario, e si può finalmente parlare di quello che davvero é il nostro sistema giustizia.
E allora adesso diciamocelo: il mondo del moralismo nazionale popolare ha chiesto la gogna pubblica per ogni personaggio con le sembianze del faccendiere da prima repubblica e, per l’effetto, avversato ogni sommesso richiamo al principio della presunzione di innocenza.
Non si vuole la ricerca della verità, è più comodo e utile un bel patibolo prefabbricato.
Con questo desiderio di revanche sociale anche l’intera classe forense é stata associata alle presunte colpe degli assistiti presunti colpevoli. L’equazione della rabbia sociale ha fatto dimenticare il principio della presunzione e di innocenza: in pochi istanti chiunque venisse additato a soggetto da stigmatizzare perché in odore di frequentazioni colpevoli diventava più colpevole sui media di quanto avrebbe portato il sanzionare con una sentenza passata in giudicato. E l’avvocatura ha seguito i suoi assistiti.
Se il patrocinato viene dipinto quale responsabile dal quotidiano o dal telegiornale, vorrete mica che non lo sia anche il suo avvocato? Nessuno ha pensato di spendere un centesimo del suo tempo a spiegare che senza una difesa non può esistere giustizia.
Nessuno si è ricordato che principio costituzionale pari al tanto decantato percorso democratico è il diritto di difendersi in costanza della presunzione di innocenza.
L’equazione però non andava di moda, non si poteva dire che un’avvocatura forte garantisce un sistema giusto.
In fondo tutti odiano gli avvocati, almeno fino a quando non ne hanno bisogno. Ma di questo abbiamo già scritto.
Vale qui la pena di ricordare che la rabbia verso un sistema impallato ha rovinato ogni concezione del mondo forense come paladino dei più deboli, degli oppressi, dei senza diritti.
L’immaginario collettivo ha dimenticato che esistono milioni di italiani che NON ricorrono all’avvocato perché in cerca di scappatoie, bensì perché chiedono giustizia ed é un loro diritto.
Peraltro, visti i numeri che rilascia il ministero parrebbe persino sciocco pensare il contrario: atteso che, dopo le recenti diminuzioni del carico di lavoro giudiziario, ci sono ancora 3 milioni di procedimenti penali pendenti a fronte di 4,5 milioni presenti nel processo civile.
Contati i 60 milioni di cittadini italiani, non tutti hanno ben chiaro in testa che, con una visione giustizialista, a Natale e Pasqua sarebbe da fare pulizia in ogni cenone e pranzo festivo di ciascuna famiglia italiana: infatti, con quella logica, una famiglia su due ha un indagato seduto sul divano del salotto mentre il piantagrane che non vuole pagare ci sta in ben 3 famiglie su cinque.
In questo caso, una volta ogni tanto, non si può però dare la colpa agli avvocati, mentre sarebbe il caso di fare un po’ di autocritica nazionale.
Facendo sintesi si può quindi dire che la crisi del mondo della Giustizia italiano dipende meno dagli avvocati di quanto dipenda dagli italiani e, vista la comunanza di sembianze fra la struttura giudiziaria nazionale e quella degli altri paesi europei, forse potremmo chiederci perché il sistema giustizia di Lombardia e Veneto funzionano come l’Austria e non come la Sicilia. Ma forse é chiedersi troppo e si rischierebbe l’ennesima reazione del campanilismo burocratico, giá abusata in questi decenni.
Allora, possiamo dare uno sguardo al rapporto sull’efficienza della Giustizia rilasciato con cadenza biennale dal Consiglio d’Europa per ricordare che il budget del sistema giustizia non é così inferiore a quello di Francia, Germania e Spagna, che abbiamo forse più magistrati per cittadino, che questi ultimi sono pagati meglio e non si ricorda in quei paesi alcuna lamentazione in merito a disfunzioni croniche.
Per converso nel resto d’Europa vi molta più attenzione ai diritti degli ultimi, dei meno abbienti, e l’accesso alla difesa é molto più garantito che da noi, con più fondi e maggior apertura alla tutela dei diritti del singolo cittadino (il numero di pratiche assistite con il Legal Aid é da 2 a 4 volte quelle italiane, con prevalenza dell’ambito civile su quello penale).
Forse dovremmo chiederci se quello che ci troviamo a vivere nei nostri tribunali non é da addebitare ad altri che alla stessa configurazione del sistema italiano, dove i diritti del singolo sono sempre asserviti alla priorità della burocrazia di stato, e pure di quella giudiziaria.
Non conta tanto il risultato, il servizio all’utente, ma la garanzia dell’imperturbabilita della vita senza rischi della PA, a qualunque costo e senza alcuna remora.
In fondo la stessa politica ha fino a qui fatto ben attenzione a non interessarsi troppo a quel mondo, ben felice che vi fosse un capro espiatorio capace di assorbire ogni critica in materia.
In parallelo vi é poi stata la ben felice complicità del partito manettaro che ha visto l’opportunità di sublimare ogni suo attacco agli avversari idoli pagani del Berlusconismo attraverso il coinvolgimento della migliore borghesia nel contrassalto verso chi voleva asservire la magistratura all’esecutivo destrorso e cortigiano.
Ebbene, si può dire che avvocatura é stata la perfetta vittima di guerra, l’effetto collaterale che forse doveva anche espiare un po’ di collaborazionismo con il nemico.
Peraltro, il numero dei legali ha sicuramente giovato all’anarchia del caos, permettendo di generare fazioni e partigianerie ad ogni angolo di strada ed in ogni svolta della vita. Da quella situazione in poi é ben stato facile far seguire le colpe che sono tipiche di ogni guerra civile, dove comunque i caudilli e le baiadere riescono lo stesso a svignarsela in qualche metaforica isola tropicale (leggasi poltrone per riposi dorati).
Concludendo si può azzardare un’ipotesi: gli avvocati sono forse troppi per le esigenze di una professione controllata e di alto prestigio, ma di sicuro non é limitando l’offerta che si aumentano i servizi o si risolvono i limiti della giustizia italiana.
Senza inventarsi nulla di strampalato, basta ricordare il pensiero di chi é stato al vertice della magistratura italiana (Sabino Cassese) per affermare che “è la domanda di giustizia a generare l’offerta e non viceversa”, ovvero è la mancanza di giustizia sostanziale nel paese a generare la richiesta di servizi legali utili a ottenere tutela e non l’opposto. CAPITELO!
È perciò il sistema paese che ha perso la capacità di mettere il perseguimento della giustizia al primo posto e non l’esubero della richiesta di giustizia a cagionarne l’impossibilità della sua fruizione. Altrimenti, per farla facile, sarebbe come dire che le carie dei bambini di un certo territorio crescono in ragione della presenza dei dentisti, facendo perdere completamente il senso del rapporto causa effetto.
Per questa ragione è forse ora di cominciare a urlare ad alta voce che la malattia di cui parliamo è l’incapacità di erogare una funzione giudiziaria a misura di cittadino e non la quantità di avvocati accessibili per rivendicare la tutela all’accesso alla giustizia. Anzi, si deve persino rivendicare l’opposto, gli avvocati sono la cura al problema e la loro esuberante offerta é la prova che non vi alcun restringimento alla concorrenza ed alla capacità di soddisfare una domanda da loro indipendente, generata solo dall’inefficienza del sistema paese.
In chiosa viene da aggiungere che il numero più o meno elevato degli avvocati genera servizi inversamente più o meno costosi, danneggiando magari la redditività della professione, e la qualità di prodotti complessi, ma non l’interesse del destinatario finale della prestazione legale, grazie a maggior competizione e battaglia sul prezzo.
Quindi meno chiacchiere di comodo e cercate il capro espiatorio altrove.
Marcus Brutus