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GRATUITO PATROCINIO: NO AD AUMENTO COMPENSO PER CAUSA COMPLESSA

GRATUITO PATROCINIO: NIENTE AUMENTO ALL’AVVOCATO PER LA PARTICOLARE COMPLESSITÀ DELLA CAUSA

Non esiste Giustizia senza accesso alla Difesa

Anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21461 del 21 ottobre 2015, afferma l’esistenza di una difesa a 2 livelli: ce né una meno riconosciuta ed è quella del gratuito patrocinio.

Purtroppo, la suprema Corte conferma nuovamente che non ritene di parificare  l’avvocato che difende un soggetto ammesso al gratuito patrocinio ad una difesa di fiducia ordinaria, addebitando al primo l’onere  di svolgere la difesa del non abbiente di fatto pro bono.

La giurisprudenza di legittimità rincara la dose della sperequazione già voluta dal legislatore: non solo il compenso del difensore in gratuito patrocinio è ridotto nella misura ridotta prevista dall’art. 130 del T.U. Spese di Giustizia ( “Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono ridotti della meta“), oltre che pagato in estremo ritardo, ma ora è pure negato l’aumento previsto per la “particolare complessità della causa”.

Nella citata sentenza si afferma: “… in tema di patrocinio a spese dello Stato, i criteri cui l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di attenersi nella liquidazione degli onorari e delle spese spettanti al difensore, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, devono ritenersi esaustivi, sicchè il giudice, nell’applicare la tariffa professionale, non può invece fare riferimento anche ai criteri integrativi e adeguatori della tariffa medesima, … “.

Tale presa di posizione non tiene purtroppo in conto che la difesa non può essere modulata a due velocità, prevedendo un’attività di serie A ed una serie B, con la seconda a standard ridotti con contenimento dei costi. Il dovere defensionale, tanto sul piano tecnico che su quello deontologico, non permettono scelte di minor impegno, almeno se si vuole evitare ripercussioni dannose sul proprio assistito.

Peraltro, la stessa concezione costituzionale della difesa dei non abbienti non permette alcuna discriminazione nei confronti dei loro patrocinatori.

Non possiamo quindi che esortare una riflessione più matura che superi queste disparità di trattamento, smettendo di asservire la giustizia all’economia, in ragione di meri criteri di cassa.

Di seguito il testo di Corte Cassazione sentenza n. 21461 del 21/10/2015.

Avv. Victor Rampazzo



 

Svolgimento del processo

L’avv. F.P.P., difensore di imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico articolato motivo, avverso il provvedimento dep. il 18 maggio 2009 con il quale la Corte di Assise di appello di Milano confermava il decreto presidenziale di liquidazione degli onorari impugnato dall’attuale ricorrente.

Con il summenzionato provvedimento era escluso il riconoscimento dell’aumento del massimo previsto dalla tariffa penale (D.M. n. 127 del 2004, art. 1, commi 2 e 3) per l’impegno richiesto dalla complessità dei fatti e delle questioni giuridiche trattate sul rilievo che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, gli onorari dovuti al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio non possono essere superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti.

Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Economia e della Finanza, depositando memoria illustrativa.

Il ricorrente, in ottemperanza all’ordinanza interlocutoria emessa dalla Corte il 29 gennaio 2015, ha provveduto a integrare il contraddittorio nei confronti del Ministero della Giustizia, che non si è costituito.

Motivi della decisione

1.1. – L’unico motivo censura il provvedimento della Corte di assise che aveva escluso a favore del difensore di imputati ammessi al gratuito patrocinio l’aumento degli onorari previsto dal D.M. n. 127 del 2004, art. 1, comma 2, e lett. E, in considerazione dell’interesse patrimoniale dello Stato che peraltro non è previsto neppure dall’art. 97 Cost.; denuncia che erroneamente era stata disattesa la richiesta di liquidazione degli onorari che era stata formulata adeguando le voci della tariffa penale al valore mediano secondo quanto è previsto in tal caso. Osserva che negare l’applicabilità dell’aumento stabilito dalla tariffa per la particolare difficoltà e complessità – la cui previsione non contrasta con il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, – determinerebbe violazione degli artt. 24 e 3 Cost. (effettività della difesa dell’imputato), 36 Cost. (retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto) comportando una disparità di trattamento fra il difensore di imputato ammesso al gratuito patrocinio e il difensore degli altri imputati.

In sostanza, la voce prevista andrebbe comunque riconosciuta anche se va liquidata, come era stato chiesto, nei valori intermedi.

1.2. – Il motivo è infondato.

Il provvedimento impugnato si è attenuto all’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, secondo cui in tema di patrocinio a spese dello Stato, i criteri cui l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di attenersi nella liquidazione degli onorari e delle spese spettanti al difensore, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, devono ritenersi esaustivi, sicchè il giudice, nell’applicare la tariffa professionale, non può invece fare riferimento anche ai criteri integrativi e adeguatori della tariffa medesima, non essendo operante l’art. 1, comma 2, della tariffa penale di cui al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, che consente di quadruplicare il compenso per le cause che richiedono un particolare impegno per la complessità dei fatti o per le questioni giuridiche trattate, e ciò sia per l’espresso divieto, contenuto nel citato art. 82, del superamento dei valori medi di tariffa, sia perchè la norma già contempla la natura dell’impegno professionale come un elemento da prendere in considerazione ai fini della liquidazione del compenso tra il minimo della tariffa e la media di tali valori (Cass. 2445/2011).

Qui sembra opportuno rilevare che la previsione di cui all’art. 2, della tariffa penale non concerne una autonoma e distinta voce del compenso quanto piuttosto consente di determinare il compenso oltre i massimi rimettendo alla valutazione del giudice se, in considerazione del particolare impegno, della complessità dei fatti e delle questioni trattate, l’onorario possa essere elevato fino al quadruplo dei predetti massimi.

Orbene, la previsione di cui all’art. 82 cit. appare legittima e certamente non è in contrasto con le norme costituzionali, di cui è stata denunciata la violazione, posto che la fissazione di limiti nella determinazione degli onorari sono il frutto della ragionevole scelta del legislatore di contemperare gli opposti interessi in gioco: la necessità di assicurare all’imputato non abbiente la difesa tecnica – garantita per l’appunto con la nomina dell’avvocato – e di retribuire l’attività del legale sulla base delle tariffe professionali ù che tengono comunque conto del lavoro svolto – sono state considerati meritevoli di tutela nel rispetto di alcuni parametri che tenessero conto della incidenza del relativo costo sulla intera collettività.

Il ricorso va rigettato.

La peculiarità della questione induce a compensare le spese della presente fase fra le parti costituite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2015

Alessio Alberti:
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