SI PUO’ RIGETTARE L’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO COMPUTANDO LA RENDITA INAIL?

MA LA RENDITA INAIL VALE COME REDDITO PER IL GRATUITO PATROCINIO?

SI COMPUTA LA RENDITA INAIL? ECCO IL RICORSO

SI COMPUTA LA RENDITA INAIL? ECCO PERCHE’ LA CORTE SBAGLIA.

Corte di appello di Torino: arriva un’ordinanza di rigetto dell’opposizione ex art. 170 DPR 115/2002 per mancata la ammissione al gratuito patrocinio in computo della rendita Inail.

La Corte di appello di Torino si pronuncia in rigetto di un riesame del merito della mancata ammissione al gratuito patrocinio da parte del Giudice a quo: la motivazione rinvia alla parificazione della rendita INAIL dell’invalido del lavoro con qualunque altro reddito o forma di arricchimento economico possa avere un qualunque instante.

Il fondamento della decisione qui sotto riportata rinvia ad altra pregressa giurisprudenza di legittimità che, sul punto, è però solo da rinvenirsi nella richiamata sentenza n. 1934 del 1999. Quest’ultima pronuncia afferma solo che “la rendita per inabilità permanente svolge la funzione di surrogare un reddito da lavoro cessato a causa dell’infortunio che ne costituisce il titolo, risolvendosi, pertanto, in una fonte di sostentamento e di introito per chi la percepisce, con la conseguenza che di essa deve tenersi conto ai fini del calcolo del reddito richiesto per accedere al patrocinio a spese dello Stato“.

***

La Corte, per sostenere la Sua decisione di pronunciarsi in rigetto, richiama tuttavia una sentenza di legittimità del 1999 (la n. 1934) riferita al precedente regime del gratuito patrocinio (ante DPR 115/2202).

La pronuncia di legittimità pare però datata e priva di fondatezza dove non ricorda che la minor capacità reddituale dovuta all’invalidità viene già risarcita con la rifusione dell’inabilità temporanea, mentre la rendita serve solo a riequilibrare lo svantaggio dovuto appunto al danno biologico patito a seguito di infortunio sul lavoro e malattia professionale.

Il danno biologico, inteso come menomazione dell’integrità psicofisica del soggetto, è diverso ontologicamente sia dal cosiddetto danno morale sia dal danno da mancato reddito in dipendenza della perdita o diminuzione della capacità lavorativa.

Se ciò non bastasse:

• l’articolo 6, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi — TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti;
• la circolare del Ministero delle finanze n. 23 del 20 giugno 1986, riprendendo i contenuti di precedenti pronunciamenti (circolari Ministero finanze n. I/RT del 15 dicembre 1973 e n. 29 del 31 maggio 1979), ha confermato l’assunto secondo il quale le rendite da infortunio, ad esclusione della indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, costituiscono erogazioni a carattere risarcitorio e in quanto tali non possono essere considerate ai fini delle imposte sui redditi;
• in termini analoghi si è espressa la commissione tributaria centrale (decisione della XVI sezione, n. 16468, del 21 dicembre 1978 e decisione della XXIV sezione, n. 2070, del 14 luglio 1983);
• successivamente il Ministero del lavoro (Divisione III, protocollo n. 1441 del 31 marzo 1987) e il Ministero del tesoro (RGS-Igop protocollo n. 129430 del 10 settembre 1987) si sono espressi per l’esclusione delle rendite INAIL dai redditi valutabili (ex articolo 23 della legge n. 41 del 1986) ai fini della determinazione del reddito familiare del soggetto richiedente gli assegni familiari; mentre il Ministero della sanità (circolare n. 100/SCPS/010/3641 del 20 maggio 1987) si è pronunciato per l’esclusione della rendita (ex articolo 28 della legge n. 41 del 1986) dalla formazione del reddito valutabile ai fini della concessione dell’esenzione dai tickets sanitari;
• numerose pronunce della (Corte di cassazione (Cassazione 18 luglio 1985 n. 4237; Cassazione 21 giugno 1991 n. 6982; Cassazione 18 luglio 1995 n. 7792), hanno più volte ribadito la non assoggettabilità all’imposta sul reddito delle persone fisiche degli importi erogati dall’INAIL a titolo di rendita per invalidità, visto il carattere risarcitorio di dette prestazioni;
• con la risoluzione 155/E del 24 maggio 2002, l’Agenzia delle entrate, in tema di risarcimento danni o di indennizzi percepiti da un soggetto, ha chiarito che è principio generale quello per cui, laddove l’indennizzo vada a compensare in via integrativa o sostitutiva la mancata percezione di redditi di lavoro, ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione e, così, ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente; viceversa, laddove il risarcimento erogato voglia indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite (il cosiddetto danno emergente), ed abbia, quindi, la precipua funzione di reintegrazione patrimoniale, tale somma non sarà assoggettata a tassazione;

• l’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in tema di danno biologico, afferma la necessità di corrispondere le prestazioni per il ristoro del danno biologico in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato, sottolineando ulteriormente il carattere non reddituale della prestazione, principio ormai definitivamente assodato nell’elaborazione giurisprudenziale.

Al riguardo, giova anche osservare che l’Amministrazione finanziaria ha più volte precisato che le indennità risarcitorie derivanti da invalidità permanenti o da morte sono escluse da tassazione ai fini IRPEF, in quanto detti emolumenti hanno la finalità di reintegrare il patrimonio del soggetto ovvero sono volte a risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (cosiddetto danno emergente).
Nei casi in cui l’indennità, invece, ha funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente (cosiddetto lucro cessante), ovvero è volta a risarcire un invalidità o inabilità temporanea, rileverà fiscalmente ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del TUIR.
Sono, in sostanza, imponibili le somme corrisposte al contribuente in sostituzione di mancati guadagni, sia presenti che futuri, purché riconducibili alle categorie reddituali di cui all’articolo 6, comma 1, del TUIR.
Diversamente, non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate a fronte della perdita economica subita e che si concretizza in una diminuzione del suo patrimonio.
L’Amministrazione Finanziaria ha, inoltre, più volte chiarito che le rendite per invalidità permanente erogate dall’INAIL a seguito di infortuni sul lavoro o malattie professionali non hanno rilevanza reddituale, in quanto finalizzate a reintegrare il danno alla salute o alla integrità fisica subito dal lavoratore, mentre le indennità giornaliere per invalidità temporanea assoluta, avendo una funzione sostitutiva o integrativa del reddito per il periodo di durata dell’inabilità, sono fiscalmente rilevanti (cfr. circ. Ministero delle Finanze n. 326 del 1997 e documenti di prassi ivi richiamati).

Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza 1934/1997 ora contestata ed il ricorso ex art. 170 dpr 115/2002 al presidente della Corte d’Appello.

Avv. Alberto Vigani

Ass. Art. 24 Cost.

***



Cass. civ. Sez. I, 06-03-1999, n. 1934

Fatto

Diritto

P.Q.M.

LAVORO E PREVIDENZA (CONTROVERSIE IN TEMA DI)

SEPARAZIONE DEI CONIUGI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio SENSALE – Presidente –

Dott. Pasquale REALE – Consigliere –

Dott. Vincenzo FERRO – Consigliere –

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI – Rel. Consigliere –

Dott. Mario Rosario MORELLI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

PAOLANTONI LUCIA, in qualità di madre esercente la genitoria potestà sui figli minorenni BOCCHINO GIONATAN e BOCCHINO DAVIDE, domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VITO TASSONE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO LA PRETURA CIRCONDARIALE DI CATANZARO;

INTENDENTE DI FINANZA DI CATANZARO;

BOCCHINO FRANCESCO;

– intimati –

avverso l’ ordinanza del Tribunale di CATANZARO emessa il 06/05/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/98 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Domenico NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con istanza del 10 aprile 1996 Lucia Paolantoni, quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori Gionatan e Davide Bocchino, chiedeva al Pretore di Chiaravalle l’ ammissione al patrocinio a spese dello Stato, intendendo costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico dell’ ex coniuge Francesco Bocchino, imputato del delitto di cui all’ art. 570 c.p. per non aver corrisposto l’ assegno di mantenimento in favore dei figli.

All’ udienza dell’ 11 aprile 1996 , nel corso del procedimento penale nei confronti del Bocchino, il Pretore ammetteva la Paolantoni al richiesto patrocinio, ma alla successiva udienza del 9 novembre 1996 revocava detto decreto, sul rilievo che il nuovo coniuge convivente dell’ istante era titolare di reddito superiore ai limiti consentiti dalla legge, anche se esente da IRPEF, in quanto percettore di indennità dell’ INAIL per inabilità assoluta ai sensi del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124.

Avverso tale provvedimento proponeva impugnazione la Paolantoni e con ordinanza del 6 – 15 maggio 1997 il Tribunale di Catanzaro rigettava il gravame, osservando che l’ art. 3 comma 3 della legge 30 luglio 1990 n. 217, concernente il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, nel disporre che “ai fini della determinazione dei limiti di reddito indicati nel comma 1 si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’ IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva “, ha delineato un’ autonoma nozione di reddito, strettamente funzionale alla verifica dei presupposti per l’ ammissione al patrocinio, e quindi distinta da quella rilevante agli effetti meramente tributari.

Né poteva fondatamente invocarsi, ad avviso del Tribunale, la natura risarcitoria dell’ indennità percepita dal coniuge per escluderne la stessa natura di reddito, dovendo individuarsi il fondamento del relativo trattamento nel principio di solidarietà di tutta la collettività organizzata nello Stato nei confronti dei soggetti che vertono in stato di bisogno, e quindi tendendo detta indennità non già a risarcire un danno, ma ad eliminare una situazione di bisogno impeditiva del pieno godimento dei diritti civili e politici.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Paolantoni deducendo un solo motivo. Non vi è controricorso.

Motivi della decisione

Con l’ unico motivo di ricorso, denunciando violazione dell’ art. 3 della legge n. 217 del 1990, degli artt. 1 e 6 del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 e 14 comma 4 della legge n. 537 del 1993; del d.p.r. n. 1124 del 1965; degli artt. 38 e 53 Cost., in riferimento agli artt. 111 Cost. e/o 360 comma 1 n. 3 c.p.c., si deduce che la rendita corrisposta dall’ INAIL per inabilità assoluta permanente, sia che si ritenga di natura risarcitoria che di natura previdenziale, non può considerarsi reddito e quindi non può essere valutata ai fini dell’ ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

La questione proposta nel motivo di ricorso, sulla quale non esistono precedenti di questa Suprema Corte, deve essere risolta in senso contrario alla tesi della ricorrente, sulla base di una corretta lettura della legge n. 217 del 1990, anche in relazione agli enunciati della Corte Costituzionale, più volte intervenuta a verificare specifici profili di costituzionalità della normativa.

Ed invero il giudice della legittimità delle leggi, chiamato a controllare tra l’ altro la legittimità degli artt. 3 e 4 nella parte in cui non prevedono che si debba tener conto del tenore di vita e delle effettive capacità economiche del richiedente, anche se provenienti da attività illecite, ha affermato che la scelta discrezionale del legislatore di fissare la soglia quantitativa della “non abbienza” non rispetterebbe il canone della ragionevolezza e della coerenza ove l’ accertamento di tale status fosse ingiustificatamente limitato ad alcuni redditi con esclusione di altri e che pertanto ai fini in esame occorre tener conto – nonostante l’ art. 3 ed il corrispondente art. 5 contengano una enumerazione dettagliata dei redditi da dichiarare – di tutti i redditi di chi aspira al beneficio, e quindi anche di quelli non assoggettabili ad imposta sia perché non rientranti nella base imponibile sia perché esenti o perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione, nonché dei redditi da attività illecite o per i quali è stata elusa l’ imposizione (C. Cost. 1992 n. 144).

Ed ancora con sentenza n. 382 del 1995 la medesima Corte, nel ritenere non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 3 comma 2 nella parte in cui limita ai familiari conviventi, e non estende ai familiari che mantengano con il richiedente il beneficio un collegamento economico, pur nella diversità della residenza anagrafica, la determinazione del reddito rilevante per l’ ammissione al patrocinio, ha specificato che il rapporto economico che intercorra tra l’ interessato ed altre persone non conviventi non è privo di rilevanza ai fini dell’ ammissione al beneficio, dovendosi nella nozione di reddito ritenere ricomprese le risorse di qualsiasi natura di cui il richiedente disponga, e quindi anche gli aiuti economici, significativi e non saltuari, in qualsiasi forma prestati da familiari o terzi: conseguentemente, mentre il computo di redditi propri di soggetti diversi dall’ istante è legato al criterio oggettivo della convivenza, devono anche computarsi, come redditi direttamente imputabili all’ interessato, i contributi a lui provenienti da non conviventi.

Come appare evidente, la dichiarazione di infondatezza delle proposte questioni di incostituzionalità resa nelle richiamate decisioni poggia su una lettura del testo normativo che identifica quale elemento di specificazione del presupposto della “non abbienza” un parametro comprensivo di tutto ciò che è reddito in senso economico, così da includere ogni emolumento ed ogni disponibilità economica comunque idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita del percettore e tale da rendere sostenibile, ove superati i limiti previsti, il costo del processo.

La suindicata lettura vale peraltro ad assimilare la portata della norma in esame alla disciplina dettata dalla legge n. 533 del 1973 in materia di controversie di lavoro, che ha costituito il primo radicale intervento di modifica del sistema di tutela dei non abbienti di cui al r.d. n. 3282 del 1923, e che all’ art. 11 prescrive, con una formulazione chiaramente onnicomprensiva, che la dichiarazione di non abbienza contenga l’ indicazione anche “delle risorse di qualunque natura, diverse da quelle di lavoro, di cui l’ istante abbia direttamente o indirettamente la libera disponibilità o comunque il godimento”.

Non può d’altro canto dubitarsi che la rendita per inabilità permanente – a prescindere dalla natura risarcitoria ed indennitaria, in relazione al danno fisico subito dal lavoratore, cui fa riferimento la giurisprudenza di questa Suprema Corte (v. di recente Cass. 1997 n. 4098) – svolge comunque la funzione di surrogare un reddito di lavoro cessato a causa dell’ infortunio e si risolve pertanto in una fonte di sostentamento e di introito per chi la percepisce.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio di cassazione, non avendo svolto l’ intimato attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il 9 dicembre 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA, 6 MAR. 1999

*****

CORTE D’APPELLO DI TORINO

ISTANZA DI AMMISSIONE AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

IN MATERIA CIVILE

(decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 30 maggio 2002)

***

Il sottoscritto Davide Rossi, nato a Roma il 1 febbraio 1965 ed residente in Roma alla via Strada Nuova, 116P, codice fiscale ________________, rappresentato e difeso per mandato in calce all’atto di citazione dall’avv. Paolo Antonio Chiovenda (_________), elettivamente domiciliato in Torino, Corso Tassoni 12, presso lo studio dell’avv. Massimo Rossini (_______________) del Foro di Torino, Fax. 0421.232444 e-mail info@avvocati.verona.it, indirizzo pec a.Chiovenda@pec.avvocati.verona.it e angelomassimoRossini@pec.ordineavvocatitorino.it,

premesso

che il 24 novembre 2015 il sottoscritto ha inoltrato un’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in materia civile al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino per proporre gravame avanti la Corte di appello torinese avverso una sentenza di primo grado del Tribunale di Alessandria;

che il 20 febbraio 2016, l’Ufficio patrocinio a spese dello Stato dell’Ordine degli Avvocati di Torino chiedeva al richiedente ammissione al beneficio di far certificare la propria rendita Inail (nonchè il reddito della sig.ra Geloso – saltuaria frequentante – nonchè autocertificare il proprio c/c bancario ed il reddito catastale degli immobili);

che il 07 aprile 2016, per il tramite dello studio dell’Avvocato Paolo Chiovenda del Foro di Venezia, il sig. Rossi produceva al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino copia la documentazione richiesta restando a disposizione per ogni eventuale integrazione;

che fra i documenti inviati il 7 aprile 2016, oltre alla rendita catastale, vi era anche comunicazione dell’INAIL – – sede di Alessandria – attestante la rivalutazione 2015 della Rendita Annua Base versata dall’istituto in ragione dell’inabilità di grado pari al 50 % patita dallo scrivente;

che successivamente, il 26 maggio 2016, con pec di pari data, il consigliere segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino ha comunicato copia della delibera di rigetto dell’istanza ove si dichiara inammissibile la medesima istanza di concessione del beneficio “per carenza dei presupposti di reddito di cui all’art. 76 DPR 30.05.2002 n. 115”;

che in premessa, detta delibera vedeva richiamati i documenti dimessi, segnatamente riportando: “visti i documenti prodotti e, in particolare, autocertificazione concernente le condizioni reddituali del nucleo familiare/convivente dell’interessato (reddito superiore ai limiti di cui all’art. 76 DPR 30.05.2002 n. 115: reddito 12872,88 RENDITA INAIL)”;

ritenuto

che la medesima delibera da atto che, ai senti dell’art. 126 del DPR 115/2002, II comma, la domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato si può riproporre al giudice competente per il merito,

***

In ragione di quanto sopra esposto, l’appellante sig. Davide Rossi, come sopra difeso e rappresentato,

chiede

a questa Ill.ma Corte di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato per la causa di appello promossa nei confronti della sentenza Sentenza n. 716/2015 del Tribunale Civile di Alessandria, pubbl. il 20/07/2015 per i motivi esposti nell’atto di citazione in appello notificato al procuratore di MN IMMOBILIARE S.a.s. che si allega,

***

Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, lo scrivente Davide Rossi, che sottoscrive la presente anche in proprio, consapevole delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci, falsità di atti ed uso di atti falsi, così come stabilito dall’art. 76 del d.P.R. n. 445/2000,

dichiara

di non aver presentato alcuna dichiarazione negli ultimi 2 anni poiché il reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito è inferiore al tetto che la rende necessaria poiché l’unico provente reddituale imponibile del sottoscritto è un canone di locazione di un piccolo appartamento che ammonta ad euro 6.000,00 annui e resta al di sotto del minimo richiesto per legge;

dichiara altresì

che l’unico altro provente reddituale non è imponibile – trattandosi di una rendita INAIL erogata per invalidità permanente da computarsi come esente e da non valorizzare ai fini dell’ammissione per come indicato nel vademecum in materia di patrocinio a spese dello Stato redatto dall’Unione Triveneta degli ordini degli Avvocati che si allega: ove si precisa l’irrilevanza ai fini reddituali delle rendite di inabilità permanente (assoluta e parziale) ogni qual volta una disposizione di carattere tributario o extra-tributario subordini la possibilità di fruire di un beneficio al possesso di un reddito non superiore ad un importo predeterminato;

dichiara

inoltre, che la persona con la quale talora coabita (Paola Ramoso) ha comunque un reddito su anno 2014 pari a circa €. 3.600,00, ma di cui non ha CUD perché trattasi di collaborazione familiare;

precisa

che la sommatoria dei due redditi imponibili è comunque inferiore al tetto reddituale per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

***

Ciò dichiarato, si ritiene, però, di dover porre attenzione su una questione che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino pare non aver valutato in conformità a quanto statuito dalla norma del TUSG, dall’amministrazione finanziaria e dalla giurisprudenza di merito e di legittimità più recente.

Ai sensi dell’art. 76 (L), co. 3 del d.P.R. n. 115/2002, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, bisogna considerare nella somma dei redditi del sottoscritto anche ogni reddito imponibile ma, ai sensi della circolari n. 29, (prot. 8/1206) del 31 maggio 1979, n. 38 (prot. 8/2004) del 26 ottobre 1979 e n. 23 (prot. 8/870) del 20 giugno 1986 con le quali è stata riconosciuta la natura di indennità sostitutiva del reddito di lavoro dipendente e, quindi, la tassabilità, della indennità giornaliera erogata dall’INAIL per inabilità temporanea assoluta, è anche precisata la natura di reintegro del danno alla salute e della perdita o diminuzione dell’attitudine al lavoro e, quindi, la intassabilità e l’irrilevanza ai fini reddituali ogni qual volta una disposizione di carattere tributario o extra-tributario condizioni la possibilità di fruire di un beneficio al possesso di un reddito non superiore ad un importo predeterminato, delle rendite di inabilità permanente (assoluta e parziale). L’ultima circolare citata, la n. 23, prevede espressamente che “ogni qual volta un beneficio di natura tributaria o extratributaria sia subordinato a limiti di reddito fisicamente determinati o determinabili, le rendite infortunistiche INAIL non debbono essere considerate, dal momento che, avendo natura risarcitoria, esse non entrano in nessun caso nel computo dei “redditi esenti” di cui all’articolo 3 del decreto legge 528 del 1984”.

In conferma vi è anche la risoluzione n. 8/021 del 18 febbraio 1982, che confermando altre precedenti risoluzioni, ha ribadito la natura meramente risarcitoria e, quindi, la totale non imponibilità, sia per i dipendenti pubblici che per quelli privati, delle somme corrisposte a titolo di “equo indennizzo” (ai sensi dell’articolo 48 del D.P.R. 3.5.1957, n. 686, dell’articolo 68 del D.P.R. 10.1.1957, n. 3, dell’articolo 11 della legge 6.10.1981, n. 564) per menomazioni dell’integrità fisica, riconosciute come derivanti da attività di servizio. Di tutti detti passaggi di normazione secondaria vi è stata conferma nella successiva Circolare del 23 dicembre 1997, n. 326/E.

La giurisprudenza ha poi seguito detto sentiero.

In tempi recentissimi, il 29 febbraio 2016, la Sezione IV del Consiglio di Stato ha depositato tre sentenze (n. 838, 841, 842) pronunciandosi sul ricorso in opposizione ad altrettanti pronunciamenti emessi dal TAR Lazio il 21 febbraio 2015 (n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015) che escludevano dal computo dell’Indicatore della Situazione Reddituale i “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche” (art. 4, comma 2 lettera f); ciò significa tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.). La suprema magistratura amministrativa ha ivi confermato la posizione del TAR ove si segnala la non inclusività nella nozione di “reddito”, che dovrebbe riferirsi solo a incrementi di ricchezza idonei alla partecipazione alla componente fiscale di ogni ordinamento, degli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore delle situazioni di “disabilità”, quali, le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico, gli indennizzi da danno biologico invalidante, di carattere risarcitorio, gli assegni mensili da indennizzo ex ll. 210/92 e 229/05. Tali somme, e tutte le altre che possono identificarsi a tale titolo, non possono costituire “reddito” in senso lato né possono essere comprensive della nozione di “reddito disponibile”, che proprio ai fini di revisione dell’ISEE e della tutela della “disabilità” è ivi stato adottato.

Da ultimo si segnala che si può trovare conferma di ciò anche leggendo attentamente la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 21 gennaio 2008 dove è detto chiaramente che “il reddito cui far riferimento per poter riconoscere il diritto al gratuito patrocinio” è “il reddito imponibile ai fini dell’Irpef, quale definito dall’art. 3 del Tuir, integrato dagli altri redditi indicati dall’art. 76 del D.P.R. n. 115 del 2002; il reddito definito dall’art. 3 del TUIR è il “reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10”.

***

Tutto ciò dichiarato e premesso, ai fini dell’ammissione al patrocinio dello Stato, la somma complessiva dei redditi dello scrivente è pari € 6.000,00 – al netto della rendita INAIL da non computarsi ai fini dell’ammissione – è quindi inferiore al limite di € 11.528,41. Al più, anche cumulando il reddito annuale della persona che talora frequenta, l’importo va maggiorato di €. 3.600,00, così restando sempre al di sotto della soglia di legge.

Il sottoscritto si impegna quindi a comunicare entro 30 giorni ogni anno dal termine di presentazione di questa istanza, fino a che il processo non sia definito, le eventuali variazioni di reddito che dovessero intervenire, rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Questa istanza vale come dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46, co. 1, lett. o) del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 28 dicembre 2000.

***

Si chiede che la presente istanza sia cortesemente definita con una urgenza, in quanto il ricorso, già notificato il 5 ottobre 2015, è stato iscritto iscritto nel ruolo della Corte di Appello di Torino con prenotazione a debito, per cui è necessario avere a disposizione il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per evitare che il provvedimento del del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino porti alla ripresa del CU con riscossione esattoriale.

Si allegano i seguenti documenti:

1) copia di un documento di identità e del codice fiscale di Davide Rossi;

2) elenco degli immobili con rendite catastali di proprietà di Davide Rossi;

3) copia certificato di rendita INAIL per l’anno 2015 di Ezio Davide Rossi;

4) copia Atto di citazione in appello notificato;

5) vademecum in materia di patrocinio a spese dello Stato redatto dall’Unione Triveneta degli ordini degli Avvocati;

6) risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 21 gennaio 2008;

7) copia istanza presentata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino;

8) copia delibera di rigetto dell’istanza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino;

Con osservanza.

Eraclea, 31 maggio 2016

Davide Rossi Avv. Paolo Chiovenda

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