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COSA FARE PER LA LIQUIDAZIONE TARDIVA DEL GRATUITO PATROCINIO?

ECCO COME FARE PER OPPORSI ALLA MANCATA LIQUIDAZIONE DOPO LA FINE DEL PROCEDIMENTO

RICORSO CONTRO MANCATA LIQUIDAZIONE DEL GRATUITO PATROCINIO

Sempre più spesso ci si trova a dover affrontare la questione della mancata liquidazione a seguito del deposito dell’istanza dopo la fine della fase processuale. Il problema nasce proprio in riferimento all’impossibilità di depositare tempestivamente la richiesta liquidatoria: ad esempio nel civile per l’ATP concluso con la nomina del CTU e nel penale nel caso di patrocinio dell’irreperibile accertato come tale solo successivamente.

Dopo le prime sentenze ad indirizzo letterale (le trovi qui e qui), il merito si sta orientando verso una lettura più matura che considera le difficoltà e le complicazioni di una interpretazione della norma che non tenga conto dell’intero panorama processuale e delle economie del sistema.

Sul punto è di interesse il riepilogo delle ragioni di opposizione alla mancata liquidazione non tempestiva elaborato dall’avvocato Fabrizio Nastri e Camilla Baldassarre del foro di Taranto in apposito ricorso.

Riportiamo di seguito il testo integrale del detto atto introduttivo per consentire di sviluppare pari opposizioni avverso gli eventuali provvedimenti di rigetto di richieste liquidatorie.

Ringraziamo espressamente l’avvocato Nastri per quanto predisposto e rilasciato per uso condiviso.

Avv. Alberto Vigani

Ass. Art. 24 Cost.

***

 

TRIBUNALE DI TARANTO

RICORSO IN OPPOSIZIONE

a decreto di liquidazione spese di giustizia

ex art.170 d.p.r. 30/05/2002 n.115

come modificato dall’15 D. Lgs. 01/09/2011 n.150

con procedimento sommario di cognizione ex art.702 bis c.p.c. e segg.

L’Avv. Fabrizio Nastri, nato a Taranto il 23/09/1963 (___________________), (fax 099/7354669; Pec: _____________legalmail.it) del Foro di Taranto, che agisce in proprio e che è rappresentato e difeso da se stesso, ex art.86 c.p.c., elettivamente domiciliato presso il proprio studio sito in Taranto al Viale Virgilio n.71, propone ricorso

AVVERSO

il “decreto che dichiara inammissibile la richiesta di liquidazione del gratuito patrocinio” avanzata dall’Avv. Nastri, emesso dal Giudice del Lavoro, dott.ssa Annamaria Lastella, in data 05/01/2017 e comunicato a mezzo PEC in data 09/01/2017, con il quale il citato Magistrato dichiara inammissibile la richiesta di liquidazione delle competenze dell’Avv. Nastri, maturate quale difensore del sig. Rossi Antonio nel giudizio rubricato al numero di R.G. _____/2015, per i motivi di diritto che di seguito si andranno ad elencare.

FATTO

  • L’esponente ha assunto veste di difensore del sig. ROSSI Antonio nel procedimento di ATP introdotto dinanzi al Tribunale di Taranto sezione Lavoro e rubricato al numero di R.G. 87______31/2015.
  • Il ricorrente, signor Rossi Antonio veniva ammesso provvisoriamente al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento dell’Ordine Avvocati di Taranto del 20/07/2015 (doc.1).
  • Esaurito il procedimento, con Decreto di omologa del 29/09/2016 (doc.2) l’esponente chiedeva al Tribunale di Taranto la liquidazione delle proprie competenze, con nota spese depositata per il tramite sia del servizio SIAMM (doc.3), che con successivo deposito telematico (doc.4).
  • Con ordinanza in data 05.01.2017, comunicata il 09/01/2017 a mezzo PEC, il G.L., dott.ssa Lastella dichiarava inammissibile, in quanto tardiva, la richiesta di liquidazione avanzata dell’esponente (doc.5).
  • A motivo della declaratoria di inammissibilità il Giudicante esponeva che “rilevato che è applicabile ratione temporis la novella di cui all’art. 83 comma 3 bis DPR 115/02 come aggiunto dall’art. 1 comma 783 legge 28.12.2015 n.208, a mente del quale l’ultimo atto della procedura in cui interviene il procuratore (termine entro il quale l’istanza di liquidazione va inoltrata) è da intendersi nel procedimento per ATP il termine per formalizzare il dissenso avverso le conclusioni del CTU, decorrente dalla data di comunicazione del decreto di fine operazioni di ctu; nel caso che qui occupa, risultando comunicato il detto decreto in data 21.07.2016, l’istanza di liquidazione avrebbe dovuto essere depositata entro e non oltre il 21.08.2016, mentre è stata depositata in data 02.11.2016, ad omologa già emessa”.

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Avverso il predetto e sopra identificato decreto di liquidazione, con il presente atto propone opposizione l’Avv. Nastri per i seguenti motivi in

DIRITTO

 

  • Sulla normativa applicabile ai fini della presente opposizione.

 

Il provvedimento di cui si controverte è rappresentato da un decreto che ha rigettato (rectius: ha dichiarato inammissibile) l’istanza di liquidazione dei compensi spettanti al difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Il rimedio esperibile avverso lo stesso, pertanto, è quello prefigurato dall’art. 170 D.P.R. n.115/2002, così come modificato dall’art. 34, comma 17, lettera a) del D.Lgs. n.150/2011.

L’ammissibilità di tale rimedio, nel caso che ci occupa, è pacifica, in virtù dell’orientamento espresso sul punto dalla Suprema Corte, la quale ha positivamente affermato, anche nel caso di diniego della richiesta di liquidazione, l’esperibilità del rimedio dell’opposizione a decreto di pagamento ex TU spese di giustizia, precisando che «il diritto di proporre opposizione, a norma degli artt. 82 e 170 del DPR n.115/2002, contro il provvedimento di pagamento del compenso al difensore di soggetto ammesso al gratuito patrocinio dinanzi allo stesso Giudice che lo ha emesso, va riconosciuto, per identità di ratio, anche nei confronti di quello reiettivo della richiesta» (cfr. Cfr. Cass. pen. Sez. 1^, 25.06.2003,n.30199).

Pertanto, il presente ricorso sarà regolato dall’art. 15 del D.lgs. n.150/2011 il quale al comma 1 prevede che: «1. Le controversie previste dall’articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. »

Il rito sommario di cognizione a cui la norma fa riferimento, infine, è quello regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile, salve le esclusioni o le modifiche apportate dal medesimo Decreto.

 

  • Sugli errori del provvedimento impugnato.

 

Il provvedimento in questa sede impugnato si appalesa erroneo sotto diversi punti di vista, che di seguito si vanno specificamente ad indicare. All’esito dell’esame degli stessi, apparirà ancor più chiaro come il predetto provvedimento necessiti di un ripensamento ed una rimodulazione che lo renda giustamente aderente al dato fattuale e normativo.

2.1. Le motivazioni del G.L. di rigetto dell’istanza di liquidazione

Ha ritenuto il G.d.L. dott.ssa Lastella che il dato normativo vigente osti ad una liquidazione che intervenga successivamente alla chiusura del procedimento giudiziale.

Il riferimento, vale a dire l’art. 83, comma 3 bis DPR 115/2002, prevede invero che «Il decreto di pagamento è emesso dal Giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta».

A parere del Magistrato il termine entro il quale l’istanza di liquidazione va inoltrata coincide con l’ultimo atto della procedura in cui interviene il procuratore. Nel procedimento per ATP tale termine corrisponde a quello per formalizzare il dissenso avverso le conclusioni del Ctu, decorrente dalla data di comunicazione del decreto ex art. 445 bis comma 4.

Nel caso che qui occupa, il detto decreto era stato comunicato in data 21.07.2016, pertanto, secondo la predetta tesi, l’istanza di liquidazione avrebbe dovuto essere depositata entro e non oltre il 21.08.2016 (scadenza dei trenta giorni per le contestazioni), mentre è stata depositata in data 02.11.2016, ad omologa già emessa.

L’indirizzo espresso dal Giudicante, anche se non dichiaratamente, si rifà a quello teorizzato, in sede di prima applicazione della novella legislativa, dal Tribunale di Milano.

2.2. La prima interpretazione restrittiva del Tribunale di Milano.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale affermatosi immediatamente dopo l’introduzione della norma richiamata (Trib. Milano 22 marzo 2016), il tenore del dettato normativo farebbe propendere per una interpretazione restrittiva dello stesso nel senso che, per l’avvocato che presti difesa con il gratuito patrocinio, l’istanza di liquidazione del compenso andrebbe presentata prima della fine del giudizio, pena la non accoglibilità della stessa.

Tale rigida linea interpretativa comporta, quale conseguenza necessitata, che non sia più possibile per il difensore depositare la richiesta di pagamento (allegando la nota spese) dopo la conclusione del processo, civile o penale, pena la dichiarazione di tardività della medesima.

A motivare la decisione del Giudice milanese è l’affermazione secondo cui, con la conclusione del processo, il giudicante si spoglierebbe della potestas decidendi e, dunque, non potrebbe nemmeno più provvedere alla liquidazione avendo perso il relativo potere.

Viene richiamata, altresì, quella giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cass. Civ. n. 18204/2008 e Cass. Civ. n. 11418/2003) formatasi con riferimento alla liquidazione dei compensi a favore del consulente tecnico d’ufficio secondo la quale, definito il giudizio e regolato con sentenza l’onere delle spese processuali, il Giudice non ha più il potere di provvedere alla liquidazione dei compensi ed il relativo provvedimento risulterebbe abnorme in relazione ad esso. Trattandosi di atto idoneo ad incidere su posizioni di diritto soggettivo, è ammissibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. senza che possa ravvisarsi alcuna lesione del diritto del consulente tecnico d’ufficio ad ottenere il compenso per la propria prestazione, ben potendo egli chiedere il decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 633, n. 3 c.p.c.

Un’interpretazione, quella della corte milanese, non condivisa da altri giudici di merito che, successivamente a tale pronunzia hanno sposato la tesi opposta, più aderente al dato normativo e più garantista per l’avvocato.

2.3. Il nuovo indirizzo pretorio nella giurisprudenza di merito.

Il revirement descritto è stato inaugurato da una pronuncia del Tribunale di Paola (cfr. Trib. Paola, decr. 14.10.2016, doc.6), secondo la quale è ammissibile la presentazione dell’istanza di liquidazione del compenso spettante al difensore patrocinante con il gratuito patrocinio anche successivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni, sia perché le cause di decadenza solo quelle tassativamente indicate dalla legge, sia perché la nuova norma nulla prescrive a riguardo a riguardo, secondo il noto brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Ha statuito in tal senso anche il Tribunale di Mantova, affermando a chiare lettere che «benché l’art. 83 co. 3 bis del d.p.r. 115/2002 preveda che “Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”, tale norma non prevede alcuna decadenza dal diritto alla liquidazione del compenso nel caso in cui l’istanza non sia presentata prima della definizione del procedimento, sicché la mancata liquidazione, rispetto a una istanza tardivamente proposta, non sarebbe conforme alla ratio della novella, tesa ad accelerare le procedure di liquidazione e comporterebbe la necessità di instaurare un successivo procedimento nei confronti dello Stato debitore con ulteriore aggravio per il sistema giudiziario» (così Trib Mantova, ord. 29.09.2016).

Per corroborare la propria interpretazione, il Tribunale richiama l’orientamento della Cassazione secondo cui l’unica sede in cui può avvenire la liquidazione dei compensi del difensore è quella del decreto di pagamento, escludendo così che sia possibile provvedervi solamente in sentenza (Cfr. Cass. sent. n. 7504/2011), e ciò a prescindere dal fatto che il giudizio sia stato già definito con sentenza (Cass. sent. n. 11028/2009).

La giurisprudenza di legittimità, per sostenere la tesi dell’esaurimento del potere di provvedere sulla richiesta di liquidazione del compenso del Ctu dopo la conclusione del procedimento, prende le mosse dall’assunto in base al quale si è «in presenza, infatti, di un sistema dal quale si desume implicitamente, ma inequivocamente, che la liquidazione (e l’accollo) del compenso al C.T.U. vanno fatti con la sentenza che definisce il giudizio» (cfr. Cass. n. 11418/2003) poiché con la sentenza viene definitivamente regolato l’onere delle spese processuali (cfr. Cass. nn. 7633/2006; 28299/2009); tale assunto, tuttavia, non può trovare applicazione con riguardo alla liquidazione del compenso spettante al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato tenuto conto che l’art. 82 D.P.R. n. 115/2002 prevede, con riferimento esclusivo alla posizione del difensore patrocinante che “l’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento”.

La posizione del difensore si appalesa, pertanto, profondamente diversa da quella del Ctu, con riferimento al quale è stato effettivamente stabilito che il Giudice perda il potere di liquidazione del compenso una volta emanato il provvedimento che chiude il giudizio dinanzi a sé.

E ciò non solo in forza di quanto previsto dal DPR n. 115/2002 con specifico riferimento al patrocinante, ma anche considerando più in generale che «tra la liquidazione del compenso del c.t.u. e quella disposta a favore del difensore che ha assistito la parte ammessa al beneficio non si ravvisa un’omogeneità strutturale tale da giustificare l’analogia di disciplina» (cfr. Trib Paola, decr. 14.10.2016) .

Del resto, contro l’interpretazione più restrittiva militano anche ragioni, non eludibili, di economia processuale.

Se infatti dovesse essere disposta la revoca del gratuito patrocinio per dichiarazioni non veritiere della parte ai sensi degli artt. 79, co. 3, e 127, co. 4, D.P.R. n. 115/2002, il Giudice, per non perdere il potere di delibare sull’istanza di liquidazione, dovrebbe attendere l’esito delle indagini (spesso di non poco momento) prima di pronunciare la sentenza, con probabili dilatazioni dei tempi decisori.

Nel caso in cui, invece, il Giudice non intendesse procrastinare la definizione del giudizio, esaurendo così il potere di conoscere dell’istanza di liquidazione, il difensore potrebbe comunque far valere le proprie pretese con gli strumenti di tutela ordinari e generali, ma, per tal via, si arriverebbe alla spiacevole conseguenza per cui tutte le richieste di liquidazione ritenute bisognevoli di accertamenti finanziari si trasformerebbero in altrettanti procedimenti ordinari o di ingiunzione, idonei ad aggravare la già critica situazione dei ruoli del contenzioso civile, oltre che comportare un aggravio di spese per lo Stato, derivante dalla procedura monitoria necessaria al fine di ottenere la liquidazione del compenso.

Secondo il Tribunale calabrese, pertanto, «l’unica interpretazione valida sia nel senso di intendere il nuovo co. 3-bis dell’art. 83 come una disposizione tesa ad accelerare e semplificare il procedimento di liquidazione, senza però prevedere termini di decadenza per la presentazione dell’istanza né la perdita di potestas decidendi del giudice una volta che sia stato pronunciato il provvedimento che definisce la fase giudiziale di riferimento».

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Per tutto quanto sopra indicato e riferito, l’Avv. Fabrizio Nastri,

CHIEDE

che l’Ill.mo Tribunale di Taranto, nella persona del giudice monocratico designando, ai sensi dell’art. 702-bis, 3 comma, c.p.c., voglia fissare con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando al convenuto congruo termine per la sua costituzione;

INVITA

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro e legale rappresentante p.t., e l’Agenzia delle Entrate di Taranto, in persona del legale rappresentante, a costituirsi nel predetto termine ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 702-bis, 3 co., c.p.c., ed a comparire all’udienza che sarà fissata dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 702-bis, 2 comma, c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre il termine predetto, e comunque oltre dieci giorni prima dell’udienza, implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 702-bis, commi 4 e 5 c.p.c., per ivi sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

  1. Accertata e dichiarata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, disporne l’annullamento e, per l’effetto,
  2. accertata e dichiarata l’esistenza delle condizioni per provvedere alla liquidazione dei compensi dell’Avv. Nastri, in qualità di difensore del sig. Sergi Pietro per l’attività svolta nel giudizio n°8731/2015 RG, procedere alla liquidazione degli stessi come indicati nella nota depositata in favore del ricorrente.
  3. Porre a carico dell’Erario, ex art. 4 DPR 115/2002 il pagamento delle somme liquidate, o, in subordine, a carico di chi spetta.
  4. Con la rifusione delle spese sostenute per il presente giudizio al sottoscritto procuratore.

Si chiede l’acquisizione presso la Cancelleria della dott.ssa A. Lastella del fascicolo dell’ATP recante il numero di RG ______ /2015 nonché del fascicolo della liquidazione.

Si producono:

  1. Ammissione COA di Taranto.
  2. Decreto di omologa del 29/09/2016.
  3. Istanza SIAMM.
  4. Istanza di liquidazione depositata telematicamente.
  5. Provvedimento gravato.
  6. Trib. Paola, decr. 14.10.2016.
  7. Trib Mantova, ord. 29.09.2016

Ai sensi e per gli effetti di cui all’art.9, n.5, della L.23/12/99 n.488, si dichiara che il valore della presente causa è pari ad €. 1.590,00 e sconta il pagamento del  contributo ridotto alla metà trattandosi di procedimento sommario ex art.702 bis c.p.c. pari alla somma di €.49,00#.

Taranto 25/01/2017

Avv. Fabrizio Nastri

Alessio Alberti:
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