BASTA CAOS NELLA DETERMINAZIONE DEL REDDITO DEL GRATUITO PATROCINIO.
ANCHE LA LEGA PRESENTA UN’INTERROGAZIONE.
Purtroppo, spesso l’attività dei soggetti (consiglio degli ordini degli avvocati, COA, in particolare) che ammettono in via anticipata i richiedenti non computa correttamente il tetto reddituale, ritenendo sovente di attenersi all’importo numerico senza l’imputazione degli oneri deducibili, ovvero individuando redditi superiori che inibiscono l’ammissione a soggetti in realtà aventi diritto. Infatti, i soggetti richiedenti l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato incontrano spesso differenti interpretazioni sul concetto di “reddito imponibile” e, più in particolare, sulla modalità per calcolare correttamente l’esatto ammontare del reddito dell’istante ai fini dell’accesso al beneficio.
Per far cessare il caos interpretativo che causa a troppi aventi diritto il rigetto delle istanze e per far cessare il conseguente contenzioso, oltre alla parallela risoluzione dei 5 Stelle alla camera, arriva l’interrogazione della senatrice Leghista Erika Stefani.
L’onorevole veneta chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei problemi descritti e, in particolare, del mancato rispetto delle indicazioni di prassi e giurisprudenza da parte dei soggetti competenti e se non ritenga opportuno intervenire sul punto con una circolare od una nota ministeriale che affermi erga omnes principi chiari e condivisi.
Di seguito il testo integrale dell’interrogazione.
Victor Rampazzo
ATTO SENATO
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/06951
Dati di presentazione dell’attoLegislatura: 17
Seduta di annuncio: 756 del 07/02/2017Firmatari
Primo firmatario: STEFANI ERIKA
Gruppo: LEGA NORD E AUTONOMIE
Data firma: 07/02/2017Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 07/02/2017
Stato iter: IN CORSO
Atto SenatoInterrogazione a risposta scritta 4-06951
presentata da
ERIKA STEFANI
martedì 7 febbraio 2017, seduta n.756STEFANI – Al Ministro della giustizia – Premesso che:
l’art. 24, comma terzo, della Costituzione prevede che sia garantito l’accesso alla giustizia ai meno abbienti con appositi mezzi disposti con il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, recante testo unico delle spese di giustizia, che disciplina il patrocinio a spese dello Stato;
l’art. 76 prevede che la difesa pagata dallo Stato sia garantita a tutti coloro che hanno una certa soglia di reddito che spesso fatica ad essere individuata correttamente;
purtroppo, l’attività dei soggetti (consiglio degli ordini degli avvocati, COA, in particolare) che ammettono in via anticipata i richiedenti non computa correttamente il tetto reddituale, ritenendo sovente di attenersi all’importo numerico senza l’imputazione degli oneri deducibili, ovvero individuando redditi superiori che inibiscono l’ammissione a soggetti in realtà aventi diritto. Infatti, i soggetti richiedenti l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato incontrano spesso differenti interpretazioni sul concetto di “reddito imponibile” e, più in particolare, sulla modalità per calcolare correttamente l’esatto ammontare del reddito dell’istante ai fini dell’accesso al beneficio;
ciò accade, nonostante la lettera della norma e la presenza di apposita risoluzione dell’Agenzia delle entrate (n. 15e/2008), che definiscono tale reddito individuandolo come “imponibile” e nonostante la sentenza della Corte di cassazione, III sezione penale, del 23 marzo-28 aprile 2011 n. 16583;
invero, l’art. 76 fa espresso riferimento, infatti, al reddito imponibile ai fini dell’Irpef risultante dall’ultima dichiarazione e, al comma 3, elenca anche le altre tipologie di reddito da considerare ai fini della determinazione del limite di reddito in discussione;
per queste ragioni, l’avvocatura, anche su impulso di associazioni di attivisti laici e forensi, aveva rilevato il problema, deliberando la questione avanti la massima assise del congresso nazionale forense (10 ottobre 2014) a cui si allineava l’organismo unitario dell’avvocatura con 2 distinte delibere, nelle quali si chiede di precisare che l’importo di cui al tetto reddituale per ammissione è al netto dei componenti negativi del reddito e degli oneri deducibili ammessi per legge, e delle componenti negative del reddito;
a ciò si aggiungeva anche la conforme istanza dell’unione triveneta degli ordini forensi (formata dai 14 consigli degli ordini degli avvocati di Venezia, Trieste, Trento, Bolzano, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Rovigo, Belluno, Pordenone, Udine, Gorizia e Rovereto);
la richiesta di precisazione del reddito di riferimento per la determinazione veniva evidenziata anche nel corso del focus sul patrocinio a spese dello Stato svoltosi il 26 novembre 2015, durante la conferenza nazionale dell’avvocatura di Torino, come risulta dal documento di sintesi dei lavori;
quanto richiesto dall’avvocatura italiana appare anche conforme al “documento programmatico sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato” sottoscritto dal Ministero della giustizia, da OUA, CNF, cassa forense, UCPI, AIGA, UNCM e AIAF (punto 9) il 14 maggio 2014;
peraltro, anche la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 842 del 29 febbraio 2016 ha precisato come, nel reddito imponibile ai fini ISEE, non si debbano tenere in conto i trattamenti indennitari percepiti dai disabili perché «ricomprendere tra i redditi i trattamenti (…) indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità (…) [dato] oltremodo irragionevole (…) [oltre che] in contrasto con l’art. 3 Cost.». Si è così inserita un’ulteriore variabile ed una maggiore incertezza nella determinazione del reddito da computare ai fini dell’ammissione al beneficio.
da ultimo, è intervenuta anche la Cassazione con la sentenza del 17 agosto 2016, la n. 34935, ove si affronta la tematica dell’esatta determinazione del limite del reddito per accedere al patrocinio a spese dello Stato e si precisa che esso deve computarsi al netto degli oneri deducibili, ma non degli oneri detraibili, pur dando atto della presenza di contrasti giurisprudenziali;
ad oggi, appare quindi necessario un intervento normativo per la definizione del reddito di riferimento e, trattandosi di importo imponibile ex lege, dell’ammissibilità della decurtazione degli oneri deducibili,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti descritti e, in particolare, del mancato rispetto delle indicazioni di prassi e giurisprudenza da parte dei soggetti competenti per l’ammissione dei richiedenti il patrocinio a spese dello Stato;
se non ritenga opportuno intervenire sul punto, dipanando ogni prassi non uniforme, a mezzo di una circolare od una nota ministeriale che affermi erga omnes i contenuti della risoluzione dell’Agenzia delle entrate.
(4-06951)