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GRATUITO PATROCINIO: NON SI COMPUTA IL REDDITO DEL CONVIVENTE?

ECCO QUANDO NON SI CUMULANO I REDDITI DEI CONVIVENTI PER L’AMMISSIONE AL GRATUITO PATROCINIO

Separazione: niente cumulo del reddito per il gratuito patrocinio

Per garantire l’accesso al diritto di difesa anche a coloro che hanno un’incapacità reddituale, il nostro ordinamento giuridico ha previsto il patrocinio a spese dello Stato regolato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002: ivi si disciplinano le modalità attraverso le quali, qualora si sia non abbienti, l’onorario dell’avvocato necessario per farsi assistere in un processo viene corrisposto dallo Stato.



L’articolo 76 del citato decreto prevede, infatti, che l’accesso al patrocinio a spese dello Stato sia garantito a tutti coloro che abbiano un reddito inferiore ad una determinata soglia, oggi fissata in euro 11.528,41 annui, limite che aumenta, nei soli procedimenti penali, di euro 1.032,91 per ogni membro della famiglia dell’istante e che, tuttavia, può variare in presenza di alcune situazioni previste dalla legge (ad esempio convivenza con coniuge o altri familiari e altro);

Per calcolare il rispetto del tetto previsto dalla legge si considera il reddito imponibile ai fini Irpef. Il tetto reddituale, oggi 30 aprile 2019 appunto di € 11.493,82, è aggiornato  ogni due anni con decreto del Ministero della Giustizia.

Come accennato, nel caso di convivenza con altri familiari, per la determinazione del reddito del richiedente l’ammissione vanno computati tutti i redditi percepiti da ciascuno di detti conviventi.

Vanno quindi computati assieme al reddito del richiedente anche i redditi di:

  • Coniuge;

  • Figli conviventi;

  • Coniuge e/o figli detenuti;

  • Coniuge da cui il richiedente non è legalmente separato e correlati figli minori;

  • Nonni conviventi;

  • Nipoti conviventi;

  • Zii conviventi;

  • Tutti i conviventi componenti la famiglia anagrafica, anche senza vincolo di sangue;

  • Convivente more uxorio.

Se il risultato del cumulo di tutti i loro non supera il limite di 11.528,41 euro, si ha diritto al patrocinio a spese dello Stato. Se invece la somma di tutti i detti redditi supera la soglia citata, non si ha diritto al beneficio.

Ma c’è una deroga!

Fa eccezione il caso in cui siano oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi (articolo 76 commi 3 e 4); in tale ipotes, si tiene conto del SOLO reddito del richiedente l’ammissione mai sommando il reddito degli altri familiari conviventi.

Pertanto, se il processo per cui si chiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato  ha come controparte uno dei conviventi sopra indicati, il reddito di questi ultimi non si computa più.

La fattispecie più comune è il caso della separazione dei coniugi, in ambito civile, o la querela di un figlio verso i genitori in ambito penale.

In queste ipotesi i redditi dei coniugi, o del figlio con i genitori, non si computano più.

Sul punto è intervenuta anche la Cassazione con la sentenza 21 dicembre 2016, n. 54484.

Riportiamo di seguito il testo integrale del dispositivo della Suprema Corte.

Alberto Vigani

Associazione Art. 24 Cost.

 

***

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 luglio – 21 dicembre 2016, n. 54484
Presidente D’Isa – Relatore Izzo

Ritenuto in fatto

1. Con provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Genova, G.P.W. veniva ammesso al gratuito patrocinio, nel procedimento penale a suo carico iniziato per tentato omicidio in danno della figlia minore G.V. ed altro (fatti acc. in (omissis)).
2. Con informativa del 18/10/2012 l’Agenzia delle Entrate comunicava alla A.G. che il reddito del nucleo familiare del G. era stato, per l’anno 2010, di Euro 17.451,00, superiore al limite consentito per ottenere il beneficio.
3. Con ordinanza del 29/11/2012 la Corte di appello di Genova revocava l’ammissione al patrocinio gratuito dell’imputato.
4. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando la erronea applicazione della legge. Infatti la corte di merito, indotta dall’Agenzia delle Entrate, aveva erroneamente calcolato il reddito familiare, computando anche quello della convivente, persona offesa nel processo che lo vedeva imputato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
2. Invero dagli atti richiamati nell’ordinanza e nel ricorso, emerge che nel 2010 il reddito familiare del ricorrente era così

composto: Euro 3.187,00 riferibile al G. ; Euro 14.264,00 riferibile alla convivente O.B. . Orbene va osservato che nel decreto di giudizio immediato, emesso dal G.i.p di Genova il 2/3/2011, la O. figura, unitamente alla figlia, persona offesa. Ne consegue che l’indagato non poteva fare affidamento sul reddito della convivente per far fronte alle spese della difesa in un processo nel quale la stessa convivente era persona offesa. Va pertanto affermato il seguente principio: nella determinazione del reddito complessivo familiare, previsto dall’art. 76 del d.P.R. 115 del 2002, ai fini del riconoscimento del diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non può tenersi conto del reddito prodotto dal familiare convivente, quando quest’ultimo è persona offesa del reato in ordine al quale si procede. In considerazione di quanto detto, si impone l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio alla Corte di appello di Genova per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata ordinanza con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Genova.

Alessio Alberti:
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