Patrocinio a spese dello Stato: ai sensi del comma 4 bis dell’art. 76 del testo unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. n. 115/2002) la vittima di particolari gravi delitti contro la persona, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito” previsti al comma 1 del medesimo articolo qui di seguito riportato.
“4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.”
Questo comma è stato aggiunto dall’art. 4, comma 1,D. L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dall’ art. 9, comma 1, L. 1° ottobre 2012, n. 172, e poi modificato dall’art. 2, comma 3, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
Fra i reati per i quali vi è ammissione in deroga ai limiti di reddito vi è anche il reato di cui all’art. 612-bis c.p. (cd. “stalking”) qui di seguito riportato..
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa.
Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma.
Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
Perchè la vittima del reato di stalking ottenga l’ammissione al gratuito patrocinio non sono richiesti requisiti di natura reddituale ed è sufficiente che venga presentata domanda con indicato il procedimento penale di riferimento.
L’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato si ha in questo caso anche se la vittima ha un reddito che supera il limite di cui all’art. 76 del DPR 115/2002, oggi pari a 11.528,41 euro.
Il testo della norma aveva però generato alcuni dubbi negli interpreti ove prevedeva che la vittima “può essere ammessa” al beneficio: ci si era interrogati sul fatto che il giudice avesse una mera facoltà e non il dovere di accogliere l’istanza di ammissione.
Sul punto interviene la Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, con la sentenza 20 marzo 2017, n. 13497 sciogliendo ogni questione ed affermando il diritto della vittima ad essere assistita in regime di gratuito patrocinio.
La Corte precisa che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma predetta necessita solo dei requisiti di cui all’art. 79 T.U.S.G., comma 1, lett. a) e b), ovvero:
1. L’istanza è redatta in carta semplice e, a pena di inammissibilità, contiene:
a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l’indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;
b) le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali.
Indichiamo di seguito il testo integrale della sentenza 20 marzo 2017, n. 13497.
Avv. Alberto Vigani
per Associazione Art. 24 Cost.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Sentenza 20 marzo 2017, n. 13497Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente –
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –
Dott. TANGA Antonio Leonar – Consigliere –ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.E., nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 4310/2016 in data 14/09/2016 del Tribunale di Bolzano;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 17 marzo 2016, M.E. presentava, al GUP del Tribunale di Bolzano, istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, specificando ed indicando nella domanda di essere persona offesa per i reati p. e p. dagli artt. 572, 582 e 612 bis c.p., nel procedimento penale n. 7936/2015 R.G.N.R. pendente dinanzi al Tribunale di Bolzano contro C.S.
1.1. Con decreto del 25/05/2016, il Giudice adito “rilevato che difettano le necessarie indicazioni concernenti il reddito proprio e dell’eventuale nucleo familiare”, rigettava l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in quanto “inammissibile ai sensi dell’art. 79, lett. c) TU spese di Giustizia”.
1.2. Con ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99, depositato in data 27/06/2016, M.E. proponeva opposizione avverso il predetto provvedimento di rigetto, chiedendone l’annullamento.
1.3. Con l’ordinanza n. 4310/2016 del 14/09/2016, il Tribunale rigettava l’opposizione presentata da M.E. ritenendo che la domanda di ammissione mancasse del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 79, lett. c), cit. (dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi prodotti dall’istante prevista dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46, comma 1, lett. o)), dichiarazione quest’ultima che, secondo giudicante, deve essere in ogni caso fornita dall’istante anche nell’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 ter, atteso che detta norma “nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli art. 572, 582 e 612 bis c.p., indipendentemente dal reddito dell’istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito”, bensì prevede che il “giudice può ammettere al patrocinio a spese dello stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis…” e che, pertanto, “nell’esercizio di tale potere il giudice non potrà prescindere dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare dal del reddito della persona offesa”.
2. Avverso tale ordinanza reiettiva, propone ricorso per cassazione M.E., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):
1) Violazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 4, e art. 360 c.p.c., n. 3), – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79: sulla erronea e non corretta applicazione della norma di cui dall’art. 79, lett. c), cit. in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione in ordine ai redditi prodotti dall’istante alla domanda di ammissione al beneficio. Deduce che il Tribunale di Bolzano quale giudice dell’opposizione, anzichè dichiarare l’inammissibilità della domanda avrebbe dovuto acquisire la documentazione reddituale dalla quale desumere la sussistenza delle condizioni di reddito dell’istante ai fini dell’ammissione al beneficio richiesto unitamente agli atti della prima fase, ovvero, in ragione dei poteri integrativi riconosciutigli dalla legge, richiederne la produzione alla parte istante così come dettato dalla sentenza Sez. 4, n. 10730/2016 del 14 marzo 2016;
2) Violazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 4, e art. 360 c.p.c., n. 3), – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79: sulla erronea applicazione dell’ipotesi derogatoria prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 ter. Deduce che l’art. 76 citato, nel determinare le condizioni di ammissione al beneficio in questione e con particolare riferimento al reddito complessivo valutabile, al comma 4 ter, ha, tuttavia, introdotto una espressa deroga ai limiti di reddito previsti dal citato decreto quando, come nel caso di specie, l’istante sia parte lesa per uno dei reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis c.p.. Afferma che il giudice dell’opposizione si è limitato ad una lettura meramente formale del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76, e art. 79, lett. c), senza tenere conto che è la stessa ratio della citata deroga normativa a rendere di fatto inoperante la condizione prevista dall’art. 79, lett. c). Sostiene che la ratio della previsione introdotta dal citato art. 76, comma 4 ter, identifichi un’ipotesi derogatoria tout court, che abbandona il criterio obbiettivo/reddituale per spostare l’attenzione alla soggettività della vittima di determinati reati, giudicati dal legislatore meritevoli di accedere al beneficio in parola.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.
4. Mette conto evidenziare che l’art. 76, comma 4 ter, T.U.S.G., dispone: “La persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 quinquies e 609 undecies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”.
5. Non appare ultroneo considerare che il comma 4 ter, è stato aggiunto dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172, art. 9, comma 1, e modificato dal D.L. 14 agosto 2013, n. 93, art. 2, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
5.1. Orbene, la finalità della L. n. 38 del 2009, (e delle successive modificazioni), non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Occorre rilevare che la legge in parola non fa cenno al danneggiato dal reato, che intenda costituirsi parte civile nel processo penale e che può non coincidere con la vittima del reato, ma solo alla persona offesa.
5.2. Ne deriva una prima considerazione: la persona danneggiata dal reato potrà ricorrere al patrocinio solo nel caso in cui il suo reddito non superi i limiti fissati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1, in linea con la previsione normativa generale.
5.3. Residua, quindi, un problema di natura interpretativa in riferimento alla dizione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima “può” e non “deve” essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. In altri termini sembrerebbe che il giudice abbia una mera facoltà e non un dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio.
5.4. Ritiene il Collegio che il termine “può” debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cui alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.
5.5. Tale interpretazione si impone in prospettiva teleologica posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.
5.6. Da tali premesse discende che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma necessita solo dei requisiti di cui all’art. 79 T.U.S.G., comma 1, lett. a) e b).
5.7. In vero, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, il giudice non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che la norma in parola (il ridetto comma 4 ter) non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicchè la produzione di tale attestato s’appalesa del tutto superflua e, perciò, la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bolzano.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017