GRATUITO PATROCINIO: CHIEDERE SOLDI E’ ILLECITO E VIENE SANZIONATO CON LA SOSPENSIONE
Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza del 10 ottobre 2017, n. 150, torna sul binomio gratuito patrocino e deontologia: la richiesta di pagamento da parte dell’avvocato che assiste cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato è deontologicamente rilevante e configura un illecito disciplinare. Si tratta di violazione violazione dell’art. 85 DPR n. 115/2002 e non rileva nemmeno che l’avvocato non fosse a conoscenza dell’ammissione al beneficio stesso.
In particolare si esplicita che vi è impossibilità di prevedere ed individuare specificamente ed analiticamente tutti i possibili illeciti disciplinari e si deve far riferimento alla violazione dei principi generali e non derogabili del I Titolo: ne segue che vanno sempre ritenute vincolanti le norme e le sanzioni previste nel I^ Titolo del vigente Codice Deontologico Forense.
La norma del DPR 115/2002 qui richiamata, sul piano sostanziale, lascia peraltro spazio a poche criticità:
ART. 85 (L)
(Divieto di percepire compensi o rimborsi)1. Il difensore, l’ausiliario del magistrato e il consulente tecnico di parte non possono chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dalla presente parte del testo unico.
2. Ogni patto contrario e’ nullo.
3. La violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale.
Di seguito riportiamo il testo integrale della sentenza del CNF, conforme ad altra precedente (sentenza del 28 dicembre 2015, pubblicata il 3 settembre 2016, n. 207,).
Avv. Alberto Vigani
per Associazione Art. 24. Cost.
***
N. 29/15 R.G.
RD n. 150/17CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il
Ministero della Giustizia, in Roma,
…. OMISSIS]…con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona
del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Mauro Iacoviello ha emesso la
seguenteSENTENZA
sul ricorso presentato dall’avv. [RICORRENTE], nato in [OMISSIS] il [OMISSIS] (c.f.:
[OMISSIS]) residente in [OMISSIS]
,
avverso la decisione in data 18/12/13 , con la qualeil Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lucera gli infliggeva la sanzione disciplinare
della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi due;
Il ricorrente, avv. [RICORRENTE] è comparso personalmente;è presente il suo difensore avv. [OMISSIS];
Per il Consiglio dell’Ordine, regolarmente citato, nessuno è presente;
Udita la relazione del Consigliere avv. Davide Calabrò;
Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Inteso il difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.FATTO
Con segnalazione del 05-10-12
la Signora [ESPONENTE], dopo aver premesso:
1) che nell’anno 2008 aveva affidato all’avv. [RICORRENTE] l’incarico di assisterla in
un procedimento penale pendente avanti al Giudice di Pace di Lucera;2) che tramite l’ausilio dell’Avv. [RICORRENTE], con provvedimento del 23-06-09 del
Giudice di Pace di Lucera, era stata ammessa al patrocinio a spese dello stato;3) che con lettera del 09-07-12 l’Avv. [RICORRENTE] le reiterava l’invito al pagamento
in suo favore di un acconto di € 2.000,00 per l’attività sino ad allora svolta; chiedeva al COA di Lucera di sapere se era tenuta o meno al pagamento della somma a Lei richiesta a titolo di acconto da parte dell’Avv. [RICORRENTE].Il Consiglio territoriale notiziava il professionista della segnalazione pervenuta in suo
danno e lo invitava a fornire chiarimenti.L’Avv. [RICORRENTE] forniva tempestive deduzioni contestando di essere a
conoscenza della circostanza che la Signora [ESPONENTE] fosse stata ammessa al
beneficio del gratuito patrocinio a spese dello stato e che Lui aveva svolto tutta la
propria attività professionale a suo favore senza aver percepito alcunché.Nella seduta del 06-03-2013, il COA di Lucera, deliberava di aprire procedimento disciplinare nei confronti dell’Avv. [RICORRENTE] con il seguente capo di incolpazione: perché “Richiedeva compensi professionali nonostante la precedente ammissione al patrocinio a spese dello stato (illeciti disciplinari di cui all’Art. 85 L. 1 e 3 della legge sul patrocinio a spese dello Stato – D.P.R. 30 Maggio n. 115 e successive modifiche. In Lucera il 09-07-12”.
All’esito del procedimento, nel quale sono stati acquisiti documenti, il COA di Lucera, con decisione in data 13 Dicembre 2013/ 14 Novembre 2014, ritenendo accertata le responsabilità del professionista in ordine al capo di incolpazione a lui contestato, irrogava all’Avv. [RICORRENTE] la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale per mesi due”
Avverso detta decisione l’Avv. [RICORRENTE] ha proposto tempestivo ricorso, depositato, il giorno 19-12-14 presso la segreteria del COA di Lucera con il quale chiede che il Consiglio Nazionale Forense, in riforma della decisione adottata dal COA territoriale:
- dichiarare la nullità della impugnata decisione per violazione del disposto normativo di cui agli artt. 47 e 48 R.D. n. 37 del 1934 (omessa adeguata specificazione della contestazione).
- disporre l’audizione in qualità di testi dei sigg.ri Avv. [TIZIO] e [CAIO], funzionario di cancelleria,
- disporsi l’annullamento della gravissima sanzione disciplinare impugnata;
- In via gradata, tenuto conto della peculiarità del caso concreto e della personalità dello odierno impugnante, si chiede che in sostituzione della suddetta grave sanzione disciplinare, ne venga irrogata altra di minore gravità ed entità.
L’Avv. [RICORRENTE] nel proprio ricorso sostanzialmente deduce e eccepisce:
a) la nullità sia della contestazione che dell’atto di citazione, per omessa adeguata specificazione della contestazione, che si sostanzia, nel caso di specie, nella mera trascrizione di una norma di legge;
b) la mancata considerazione, da parte del COA Territoriale nell’applicazione della grave sanzione irrogata, della personalità dell’incolpato; delle argomentazioni difensive addotte; e della particolarità del caso in questione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va evidenziato:
a) che la funzione precipua del Codice Deontologico Forense, sin dal suo primo testo licenziato nel 1997, è sempre stato quello di stigmatizzare e sanzionare i comportamenti illeciti posti in essere dagli iscritti e ciò a prescindere dalla specifica individuazione di tutte le ipotizzabili azioni ed omissioni lesive del decoro e della dignità professionale, poiché anche in tema di illeciti disciplinari, stante la stretta affinità delle situazioni, deve valere il principio – più volte affermato in tema di norme penali incriminatrici “a forma libera” – per il quale la predeterminazione e la certezza della incolpazione sono validamente affidate a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività in cui il giudice, nella specie, quello disciplinare, opera. (Cass. SS. UU. n. 9097/05);b) che con l’entrata in vigore del nuovo Codice Deontologico Forense a far tempo dal 15-12-14, è previsto il c. d. principio della tipicizzazione delle condotte ovvero si è introdotto il principio, prima non esistente, che le norme deontologiche devono prevedere da un lato il tipo di condotta illecita e dallo altro la sanzione applicabile;
c) che l’Art. 3, comma 3, della Legge n. 247/12 pur prevedendo una tipizzazione delle condotte sanzionabili, prevede espressamente che ciò avvenga “ per quanto possibile”;
d) che tale inciso, in uno al contenuto del comma 2° dello stesso Art. 3 della L. 247/12, non può che esser interpretato da un lato, come impossibilità di prevedere ed individuare specificamente ed analiticamente tutti i possibili illeciti disciplinari, e dall’altro che le contestazioni disciplinari di comportamenti oltremodo lesivi della funzione ed immagine dell’avvocatura così come ricompresi tra i doveri nella parte generale del nuovo CDF, e legittimamente formulate in periodo antecedente all’introduzione dell’obbligatorietà della c.d. tipizzazione del capo di incolpazione, non possono venir meno per assenza di specifica contestazione riportata nel nuovo codice deontologico.
e) che, stante l’impossibilità di ricomprendere nel vigente CDF tutta la casistica degli illeciti disciplinari potenzialmente riscontrabili nei comportamenti scorretti posti in essere dall’avvocato, ovvero nel caso in cui (prima dell’entrata in vigore del nuovo CDF) sia stato legittimamente contestato un comportamento illecito che non è ricompreso nelle norme contenute nei titoli II, III, IV, V, VI, del vigente CDF, ma che viola i principi generali e non derogabili del I Titolo, vanno considerate cogenti, quanto meno nel periodo di applicazione della nuova normativa ai procedimenti disciplinari in essere alla data del 14-12-15, le norme e le sanzioni previste nel I^ Titolo del vigente CDF;
f) che è potere del Consiglio Nazionale Forense, quale giudice di legittimità e di merito, in sede di appello, apportare alla decisione le integrazioni che ritiene necessarie, sopperendo così ad una motivazione inadeguata ed incompleta, anche riesaminando le circostanze che hanno condotto il COA a ritenere l’incolpato responsabile della violazione per la quale è stato sanzionato (cfr CNF n. 162/14 e n. 116/14)
g) che il capo di incolpazione predisposto dal Consiglio dell’Ordine di Lucera, ed oggetto della impugnazione che ne occupa, pur non contenendo formali contestazioni riguardanti il vecchio Codice Deontologico Forense, sostanzialmente ricomprende la violazione dei precetti contenuti negli Artt. 3,5 e 43 del Vecchio CDF;
h) che, il detto capo di incolpazione, pertanto, va formalmente adeguato alla norme specifiche contenute nel nuovo Codice Deontologico Forense, entrato in vigore a far tempo 15-12-14, e relative alla condotta contestata avanti al Giudice di primo grado o similare a questa;
i) che le contestazioni fattuali contenute nel capo di incolpazione, saranno nel prosieguo, normativamente, considerate quale violazione dell’Art. 29 (Richiesta pagamento) del nuovo CDF;
l) che sono da ritenersi inammissibili la richiesta istruttoria avanzata dal ricorrente e la sua produzione documentale effettuata in sede dibattimentale, sia perché nel procedimento disciplinare non sono ammessi nuovi mezzi di prova (ex Art. 345 cpc applicabile alla vertenza che ne occupa ai sensi e per gli effetti di cui all’Art. 37 L. n. 247/12) e sia perché non vi è prova che il ricorrente non abbia potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad lui non imputabile (CNF n. 110/07);
m) che, pertanto, l’acclarata l’inammissibilità, preclude a questo collegio, l’esame sia della richiesta istruttoria, avanzata dal ricorrente, e relativa alla richiesta di escussione di due testimoni e sia della documentazione depositata in udienza.
primo motivo di ricorso
Con il primo motivo di ricorso l’Avv. [RICORRENTE] eccepisce la nullità, sia della contestazione che dell’atto di citazione, per omessa adeguata specificazione della contestazione che si sostanzia, nel caso di specie, nella mera trascrizione di una norma di legge
La doglianza non coglie nel segno.
Nell’ambito del procedimento disciplinare la nullità dell’addebito disciplinare per difetto di specificità è ravvisabile soltanto quando vi è assoluta incertezza sui fatti oggetto di contestazione, per effetto della quale l’incolpato non abbia potuto pienamente espletare il proprio diritto di difesa (CNF n. 98/16; CNF 223/15; CNF n. 217/15; CNF n. 84/15; CNF n. 206/14).
Peraltro la contestazione disciplinare nei confronti di un avvocato, non richiede né la precisazione delle fonti di prova da utilizzare nel procedimento disciplinare, né la individuazione delle precise norme deontologiche che si assumono violate, dato che la predeterminazione e la certezza della incolpazione può ricollegarsi a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività (cfr. Cass. SSUU n. 25633/16).
Dalle risultanze istruttorie emerge che nella questione che ne occupa il ricorrente ha avuto piena e consapevole contezza dei fatti e dei comportamenti a lui contestati con il capo di incolpazione, ovvero richiesta di pagamento effettuata alla Signora [ESPONENTE] ammessa al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello stato (cfr. Lettera COA, con allegato esposto della Signora [ESPONENTE], consegnata all’Avv. [RICORRENTE] il 05-10-12), tant’è vero che lo stesso ricorrente, nell’attività difensiva svolta nel procedimento celebrato avanti al COA territoriale, ha preso specifica posizione sui fatti a lui contestati, con la conseguenza che, non ravvisandosi alcuna lesione al diritto di difesa, sia il capo di incolpazione che l’atto di citazione sono da considerarsi esenti da vizi che ne determino la loro nullità.
secondo motivo di ricorso
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il COA Territoriale, nell’applicazione della grave sanzione irrogata non ha tenuto in alcuna considerazione né della personalità dell’incolpato; né delle argomentazioni difensive addotte; né della particolarità del caso in questione, e chiede ammettersi l’escussione di due testimoni i quali potranno riferire in ordine alla sua totale assenza di coscienza e volontà di porre in essere una condotta così grave.
Anche tale motivo di impugnazione è infondato e va respinto.
Dall’esame dell’espletata istruttoria emerge:
1) che la Signora [ESPONENTE] è stata ammessa al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato nell’ambito del procedimento penale avanti al Giudice di Pace di Lucera pendente nei suoi confronti;
2) che l’istanza di ammissione, depositata il giorno 23-06-09, porta la firma dell’interessata autenticata dal proprio difensore, Avv. [RICORRENTE];
3) che il decreto di Ammissione al beneficio da parte del Giudice di Pace di Lucera, emesso nello stesso giorno della richiesta, porta la firma per presa visione dell’Avv. [RICORRENTE];
4) che le firme apposte dal professionista in calce ai due soprastati documenti, non sono mai state disconosciute dal ricorrente, con la conseguenza che gli stessi documenti fanno piena prova della conoscenza da parte dell’attuale ricorrente della circostanza che la propria cliente era stata ammessa al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato;
5) che l’Avv. [RICORRENTE] ha avanzato richieste di pagamento delle proprie prestazioni professionali alla propria assistita nel corso del giudizio penale (cfr Lettera del 09-07-12);
6) che alla luce di quanto sopra, i rilievi mossi dal ricorrente alla decisione del COA di Lucera sono assolutamente privi di pregio atteso:
6.1) che è documentato per tabulas che il ricorrente era perfettamente a conoscenza che la propria assistita era stata ammessa al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello stato (cfr. Istanza di ammissione e decreto di ammissione che recano data e firma dell’Avv. [RICORRENTE]);
6.2) che la situazione contestata non presenta alcuna particolarità rispetto ad altre fattispecie a queste simili;
6.3) che non vi sono elementi nuovi tali da giustificare una ulteriore valutazione sulle argomentazioni difensive rispetto a quella, correttamente, effettuata dal COA Territoriale;
6.4) che stante la gravità dell’illecito (l’art. 29, 8° comma del nuovo CDF, prevede ora, per la medesima fattispecie, la sospensione dall’esercizio della professione da 6 mesi ad un anno, con un massimo di tre anni in caso di aggravanti) la sanzione irrogata dal COA di Lucera (due mesi di sospensione dall’esercizio della professione) appare congrua anche alla luce dell’attenuante della incensuratezza disciplinare del ricorrente;
7) che pertanto la sentenza emessa dal COA di Lucera non merita censura alcuna
essendo, peraltro, conseguente alle risultanze probatorie acquisite in atti, valutate oculatamente, con chiarezza e coerenza di argomentazioni, sia sul piano logico e su quello giuridico – deontologico.P.Q.M.
visti gli Artt. 50 e 54 del R.D.L. 27-11-1933 n. 1578 e segg. ed il R.D. 22-01-1934 n. 37
Il Consiglio Nazionale Forense, rigetta il ricorso presentato dall’Avv. [RICORRENTE],
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 19 gennaio 2017;
IL SEGRETARIO f.f.
f.to Avv. Carla Secchieri
IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Giuseppe Picchioni
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 10 ottobre 2017LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Avv. Rosa Capria
Copia conforme all’originaleLA CONSIGLIERA SEGRETARIA
Avv. Rosa Capria