I TEMPI DELLA GIUSTIZIA ITALIANA NEL 2019 – DAL TRIBUNALE, ALLA CORTE D’APPELLO, ALLA CASSAZIONE: LA DURATA DEI PROCESSI MIGLIORA MA SI DEVONO LEGGERE TUTTI I NUMERI E C’E’ ANCORA TANTA STRADA DA FARE!
Nel 2010 siamo stati ultimi tra tutti i membri Ocse in quanto al tempo necessario per chiudere una causa civile: 564 giorni rispetto ai 238 degli altri paesi. Giorni che diventavano in appello 1.113, contro una media Ocse di 236, e 1.188 in Cassazione, per un totale stratosferico di 2.866 giorni. La media degli altri Paesi industrializzati era di 788 giorni.
i dati nel 2010 dei pendenti erano i peggiori:
Mentre i dati oggi sono migliorati, ma dal monitoraggio effettuato dal Ministero della Giustizia risulta, per quanto riguarda la giustizia civile, che esiste un enorme divario tra tribunali del Nord e del Sud, qualunque sia l’indice che si utilizza.
Le cose però stanno cambiando: i processi arretrati calano del 4,8%, ma quelli pendenti sono “solo” 3.453.759 dei quali 573.771 a rischio risarcimento (vedi sotto).
Erano 4.597.480 all’inizio della rilevazione, il 2003i. Si tratta di un calo di 1.143.838 pendenze in meno, corrispondenti al 24,88% in meno, anche se sono stati scorporate alcune centinaia di migliaia perchè sono di volontaria giurisdizione e restano pendenti senza essere computabili (Tutele Curatele e Amministrazioni di sostegno).
Se però il confronto è con l’anno in cui si è verificato il picco di cause in coda, il 2009, il calo è ancora maggiore, del 39,41%.
La conseguenza di questi miglioramenti è anche la diminuzione di quelle cause “a rischio Pinto”, quelle per le quali, secondo la legge Pinto del 2001, le parti in causa possono chiedere un risarcimento allo Stato se vengono superati i termini stabiliti per la sentenza, ovvero un anno per i procedimenti ordinari, due anni per quelli di Appello e tre per quelli di Cassazione.
II numero di procedimenti ordinari oltre i termini previsti (un anno) è sceso dai 646.146 del 2013 ai 381.672 del primo semestre 2018. Anche quelli in ritardo presso le corti di Appello, in questo caso oltre i due anni, sono diminuiti, da 198.803 a 115.662.
L’unico caso di aumento dei tempi della giustizia è quello relativo alle pendenze da oltre tre anni in Cassazione. Sono una minoranza tra tutte, ma sono cresciute dai 69.916 del 2013 ai 76.437 del 2018, seppure vi sia stata una piccola inversione di tendenza rispetto al 2017. Complessivamente i processi che non rispettano i tempi dettati dalla “legge Pinto” sono 573.771.
Il dato può essere svuluppato anche con riferimento a tutti gli uffici giudiziari.
Il soprastante grafico sull’arretrato (nel periodo 2013 – 2018) conferma l’andamento dei procedimenti già maturi rispetto al totale delle pendenze.
Ma il ritardo è uguale dovunque?
Nel 2018 la durata media dei procedimenti considerati dal Ministero, che si riferiscono prevalentemente al primo grado di giudizio, era 610 giorni al Sud, 407 al Centro e 270 giorni al Nord. Si tratta di differenze ancora enormi, anche se si sono ridotte rispetto a quattro anni fa: nel periodo 2014-2018 la riduzione della durata media nel Mezzogiorno è stata del 24 per cento, mentre è rimasta sostanzialmente immutata la durata media nel resto del paese.
Il problema irrisolto resta quindi la disomogeneità dei tempi sul territorio nazionale, analizzando la classifica dei peggiori tribunali d’Italia in base al “tempo di esaurimento dell’arretrato” si scopre che ci vogliono 16 posizioni prima di trovare un tribunale che non sia del Sud, e si tratta di quello di Latina. Bisogna scendere di 50 posizioni, su 140, prima di incontrare un tribunale del Nord, quello di Vicenza, come mostra il grafico sopra.
Al primo posto nella classifica dei peggiori tribunali del Paese in base al “tempo di esaurimento dell’arretrato”, c’è Patti, in Sicilia dove, anche senza nuovi casi, ci vorrebbero 1.193 giorni per smaltire il pendente. Di fatto un tribunale fallito. E questo nonostante sia piccolo e i procedimenti iscritti, 7.871 nel 2015, non siano stati superiori alla media nazionale.
A Vallo della Lucania ci vorrebbero invece 1.037 giorni, che paragonati ai 118 di Aosta e ai 152 di Rovereto danno l’idea dell’enorme differenza tra Nord e Sud.
A Vallo della Lucania ci vorrebbero invece 1.037 giorni, che paragonati ai 118 di Aosta e ai 152 di Rovereto danno l’idea dell’enorme differenza tra Nord e Sud.
Globalmente rispetto a due anni prima questo indice è calato in media di 7 giorni, la riduzione però non è stata uniforme. Per esempio: a Patti c’è stato un aumento percentuale del 45% circa, così come a Vallo della Lucania.
Riepilogando: persistono forti differenze geografiche (si vedano le Figure II.35 e II.36).
La durata dei procedimenti nel Sud risulta sempre superiore a quella nelle altre ripartizioni geografiche, sebbene in diminuzione costante negli anni successivi al 2014 (con una riduzione dei tempi medi del 24 per cento nel periodo 2014-2018). Nel 2018 la durata media dei procedimenti nel Sud è di 610 giorni, rispetto a 407 giorni nel Centro e 270 giorni nel Nord.
Dal 2017 si registra tuttavia un lieve peggioramento dell’indice nel Nord, con un aumento della durata dei procedimenti del 2,1 per cento nel 2017 e del 2,6 per cento nel 2018, mentre nel Centro si registra una variazione negativa dello 0,6 per cento e dello 0,9 per cento per il 2017 e il 2018; negli stessi anni nel Sud la riduzione è stata più marcata e pari all’8,9 per cento nel 2017 e al 7,3 per cento nel 2018.
Se vogliamo trovare un elemento confortante vi è il fatto che i tribunali più virtuosi come rapporto tra casi definiti e nuovi sono al Sud. Per la precisioni: Foggia, Isernia e Lamezia Terme.
Concludendo si può dire che lentezza della giustizia non è spalmata in modo eguale nei tanti tribunali italiani ad alcune riforme, come l’accorpamento dei tribunali del 2012 non hanno risolto la questione, al più solo innescando il meccanismo virtuaoso che ha prtato i miglioramenti che si leggono sopra.
Le modifiche strutturali avviate avevano l’obiettivo di raggiungere vantaggiose economie di scala, ma la riforma della geografia giudiziaria ha visto confermato che i tribunali più piccoli appaiono come i più disorganizzati ma quelli medi vanno meglio di quelli grandi, che sono pur presenti nella classifica dei peggiori tribunali. Di sicuro più ha fatto la riforma digitale (avvenuta nel 2015) di tutta una serie di attività prima cartacee. Resta però fermo il bisogno di un serio rafforzamento dell’organico che in molto uffici giudiziari è sempre più in negativo.
Alberto Vigani
per Assocazione Art. 24 Cost.
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