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GRATUITO PATROCINIO E ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI

SI CUMULA IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL REDDITO DELL’EX CONIUGE

CUMULO IL MANTENIMENTO DEI FIGLI CON IL REDDITO

La Corte di Cassazione, con una recentissima ORDINANZA (la n. 24378/2019 ), ritorna sul tema della qualificazione dell’assegno per il mantenimento dei figli confermandone la rilevanza ai fini della determinazione della soglia reddituale per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in quanto, se il richiedente l’accesso al beneficio convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.

Invero, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione deve venire in considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di capacità economica.

Per questa ragione, per l’ammissione al gratuito patrocinio devono essere indicati, ex art. 76 d. P.R. n. 115 del 2002, anche i redditi esentati dal computo ai fini dell’IRPEF e quindi pure  gli assegni di mantenimenti ricevuti dal coniuge separato non collocatorio dei figli (lo stesso dicasi gli assegni familiari e pensioni di invalidità), i quali, pur non essendo tassati, concorrono a determinare il limite di reddito previsto per l’ammissione al beneficio in questione.

La questione impatta su un orientamento della prassi che andava in senso opposto (ne avevamo parlato qui). Purtroppo si va incidere su quella che è la disponibilità di fatto del coniuge più debole perchè, qualunque sia la scelta del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in materia di ammissione provvisoria, questa decisione sarà il riferimento dell’Agenzia delle Entrate in sede di verifica definitiva dei requisiti per accedere al beneficio.

Si riporta di seguito il testo integrale delle sentenze di riferimento.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. civ. sez. II, 30/09/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 30/09/2019), n. 24378/2019 (in materia di assegni di mantenimento)

Cass. Pen., 05-05-2016, (ud. 09/03/2016), n. 18818/2016

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-02-2016) 01-06-2016, n. 23223

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2012) 04-10-2012, n. 39067 (in materia di assegni familiari)

Difformi Non si rinvengono precedenti

RIFERIMENTI NORMATIVI

  • D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 76
  • D.P.R. 30.5.2002, n. 115, art. 92

Alberto Vigani

per Associazione Art. 24 Cost.



***

1.

Cassazione civile sez. II, 30/09/2019, (ud. 08/02/2019, dep. 30/09/2019), n.24378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16070/2015 R.G. proposto da:

M.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Autilio, con

domicilio eletto in Roma, via Monte del Gallo n. 4;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ed AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

Avverso l’ordinanza emessa dal Presidente del Tribunale di Potenza il 27 maggio 2010:

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza M.A. veniva, in via anticipata e provvisoria, ammessa al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale in cui era costituita parte civile, che con decreto, in data 07.05.2014, il Giudice delle indagini preliminari revocava ritenendo che il reddito del nucleo familiare superava quello stabilito dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92;

– avverso il decreto di revoca la M. ha proposto reclamo dinanzi al Presidente del medesimo ufficio giudiziario, che con provvedimento del 27.05.2015 ha respinto l’impugnazione, confermando le ragioni della revoca;

– propone ricorso per cassazione, con atto notificato al Ministero della giustizia presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato e l’Agenzia delle entrate locali, la medesima M. sulla base di un unico motivo;

– le amministrazioni intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Atteso che:

– preliminarmente va rilevato che essendo avvenuta la notificazione del ricorso per cassazione al Ministero della giustizia e all’Agenzia delle entrate presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza, anzichè presso l’Avvocatura generale dello Stato a Roma (come imposto dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11), è da ritenere nulla.

Tuttavia il Collegio ravvisa di non dovere emanare l’ordine alla ricorrente di procedere alla notifica del ricorso alle predette Amministrazioni, giacchè per orientamento consolidato di questa Corte, cui si ritiene di dare continuità, occorre evitare un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio onde apprestare reali garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità ai soli soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti: essendo, infatti, il ricorso per cassazione, come vedremo, prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per la notificazione del ricorso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. Un. 22 marzo 2010 n. 6826; Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; più di recente: Cass. 10 maggio 2018 n. 11287);

con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, oltre a vizio di motivazione, in quanto sostiene che ai fini dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato debba essere considerato il solo reddito del soggetto istante, non potendo gli assegni di mantenimento percepiti per i figli ricadere sulla base imponibile.

Il motivo è infondato.

In tema di condizioni per l’ammissione al patrocinio, al fine della determinazione dei limiti di reddito che segnano il requisito della non abbienza, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 prevede che, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.

In questo contesto, il comma 4 della stessa disposizione stabilisce che “si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”.

La ricorrente ha esposto nell’istanza relativa all’ammissione al patrocinio di non percepire alcun reddito, ricevendo dal coniuge separato solo un assegno di mantenimento di Euro 500,00 mensili. E’ stato, in seguito, precisato che il proprio nucleo familiare è composto, oltre che da lei stessa, anche da due figlie, per le quali il padre versa mensilmente un assegno di Euro 750,00 per ciascuna.

L’art. 92 dello stesso D.P.R., nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, prevede che “Se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all’art. 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall’art. 76, comma 1, sono elevati di Euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”.

La questione posta con il ricorso è se tale somma – che attiene agli assegni di mantenimento percepiti mensilmente dalle componenti il nucleo familiare – vada a costituire reddito che deve essere indicato e considerato ai fini dell’ammissione al menzionato beneficio.

E’ noto che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio, si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perchè il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile.

A quest’ultimo proposito il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 3,  stabilisce, infatti, che, ai fini della determinazione dei limiti di reddito per  l’ammissione al patrocinio, si deve tenere conto non soltanto dei redditi  “imponibili” ai fini IRPEF risultanti dall’ultima dichiarazione, ma anche di quelli esclusi dalla base imponibile, come i redditi “esenti”, soggetti a regime sostitutivo o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Dunque, ai fini della determinazione della non abbienza (recte: dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio) necessaria per fruire del beneficio, assumono rilievo persino i redditi esclusi dalla base imponibile dell’IRPEF (in particolare, i redditi esenti), a dimostrazione del fatto che il legislatore assume l’elemento del reddito complessivo effettivamente percepito o posseduto nel periodo d’imposta come indice della condizione dell’interessato.

Questa Corte ha già puntualizzato che lo scopo dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato è quello di consentire l’accesso alla giustizia a chi non è in condizioni economiche idonee a sostenere il relativo costo.

Sicchè, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione, non può non venire in considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di capacità economica (Cass., Sez. IV pen., n. 23223 del 2016, ove si rammenta che in tal senso si è espressa, sia pure con riferimento alla L. 30 luglio 1990, n. 217, artt. 3 e 4, la Corte Cost. con sentenza n. 144 del 1992).

La decisione gravata poggia, dunque, su una corretta interpretazione della normativa di settore, laddove i giudici di merito, nel determinare l’ammontare del reddito complessivo ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, hanno tenuto conto anche dei redditi derivanti dagli assegni di mantenimento e ciò anche con il conforto di plurimi interventi della Corte costituzionale, che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito ritiene che rilevino anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perchè non rientranti nella base imponibile, vuoi perchè esenti, vuoi perchè di fatto non hanno subito alcuna imposizione;

– conclusivamente, il ricorso va respinto;

– nessuna pronuncia sulle spese processuali in mancanza di difese da parte delle amministrazioni;

– poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-qualer, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile della Corte di Cassazione, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

***

2.

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-02-2016) 01-06-2016, n. 23223

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHI Luisa – Presidente –

Dott. DOVERE Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.R., N. IL (OMISSIS);

avverso il decreto n. 67/2011 TRIBUNALE di CAMPOBASSO, del 05/08/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;

lette le conclusioni del PG Dott. GALLI Massimo che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, su richiesta dell’ufficio finanziario, il Tribunale di Campobasso ha revocato l’ammissione di M.R. al patrocinio a spese dello Stato, essendo stata accertata la sopravvenuta insussistenza delle condizioni reddituali per accedere al beneficio, giacchè nell’anno 2013 i componenti del nucleo familiare della M. hanno percepito un reddito complessivo di Euro 16.145,00. La M., imputata nel procedimento penale n. 189/2008 RGNR, aveva presentato istanza di ammissione il 21.4.2011 e ad essa era seguito il provvedimento di accoglimento n. 67/2011.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione la M. deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76, 92 e 112 e dell’art. 3 TUIR nonchè contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale ha tenuto conto della somma di Euro 7.295,00 percepita dal coniuge, S. S., a titolo di pensione di invalidità e pertanto non rientrante nella base imponibile e non computabile in riferimento alle condizioni di reddito per l’ammissione al patrocinio gratuito perchè rientrante tra gli oneri deducibili.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

In ordine alla nozione di “reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito” assunta dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1 al fine di indicare il reddito del quale va verificata la continenza o meno nella soglia prevista per l’ammissione al beneficio, la giurisprudenza di legittimità ha già precisato che essa rimanda al reddito complessivo al netto degli oneri deducibili indicati nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10 (cosiddetto Testo Unico delle imposte sui redditi) (Sez. 3, n. 16583 del 23/03/2011 – dep. 28/04/2011, Polimeni, Rv. 250290; più di recente nello stesso senso Sez. 4, n. 19751 del 21/01/2015 – dep. 13/05/2015, Morganti, Rv. 263480), dovendosi considerare, secondo la previsione del citato art. 76, comma 3 anche i redditi che per legge sono esenti da Irpef o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ovvero ad imposta sostitutiva.

La ricorrente postula che tra gli oneri deducibili si annoverino anche le pensioni di invalidità.

L’assunto è infondato. Giova rimarcare come la stessa ricorrente, implicitamente, non metta in discussione che pur nell’ipotesi in cui la pensione di invalidità della quale si discute rientri tra quelle per le quali è disposta l’esenzione dalla imposta sul reddito delle persone fisiche (invero, il ricorso è carente quanto a tale dimostrazione) di essa dovrebbe tenersi conto, secondo la previsione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 3. In ciò la ragione per la quale preferisce insistere sulla riconducibilità della pensione di invalidità alla categoria degli oneri deducibili; che, ove ammessa, consentirebbe di non tenerne conto ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, secondo la già menzionata giurisprudenza di legittimità.

Ma la pensione di invalidità non rientra tra le pur numerosi ipotesi che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10 annovera tra gli oneri deducibili; ipotesi, d’altro canto, che propongono quale minimo comun denominatore la natura di spese – e comunque di uscite – sostenute dal contribuente.

In termini più generali non appare inutile sottolineare che lo scopo dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato è quello di consentire l’accesso alla giustizia a chi non è in condizioni economiche idonee a sostenere il relativo costo. Sicchè, ai fini della verifica di siffatta condizione di minorazione, non può non venire in considerazione ogni componente di reddito, imponibile o meno, siccome espressivo di capacità economica (si veda, sia pure con riferimento alla L. 30 luglio 1990, n. 217, artt. 3 e 4 Corte cost. sent. n. 144/1992).

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2016

***

3.

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-03-2016) 05-05-2016, n. 18818

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ISA Claudio – Presidente –

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere –

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.L. n. (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 1663/2014 del TRIBUNALE di BERGAMO, del 2 marzo 2015;

visti gli atti;

fatta la relazione dal Cons. Dott. CAPPELLO Gabriella;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale, in persona del Dott. BALDI Fulvio, il quale ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al tribunale di Bergamo.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza 2 marzo 2015, depositata il 3 marzo 2015, decidendo in sede di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99, avverso il provvedimento di revoca e rigetto dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato nei confronti di B.L., il Tribunale di Bergamo, in composizione monocratica, ha parzialmente accolto l’opposizione, limitatamente alla revoca del beneficio per l’anno 2013, confermando l’ammissione allo stesso per tutto il 2013 e annullando sul punto il provvedimento impugnato; ha, invece, confermato lo stesso con riferimento alla disposta revoca del beneficio a decorrere dal 1 gennaio 2014 e al rigetto della richiesta 12 novembre 2014 di ammissione al predetto beneficio.

2. L’interessata ha proposto ricorso a mezzo di difensore ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 4, deducendo violazione di legge, in relazione alla errata applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, per avere il Tribunale considerato, nei redditi rilevanti ai fini dell’ammissione, anche quelli percepiti dalla ricorrente a titolo di mantenimento della figlia minore convivente; e rilevando l’omessa pronuncia in punto spese, nonostante l’avanzata richiesta di rifusione da parte ricorrente.

3. Il Procuratore Generale, con memoria depositata il 6 ottobre 2015, ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Bergamo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va rigettato.

2. Quanto alla prima doglianza, infatti, è sufficiente considerare che, in base al contenuto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 92, se l’interessato convive con il coniuge o con latri familiari, si applica il D.P.R. cit., art. 76, comma 2, ma i limiti di reddito sono elevati per ciascun familiare.

L’art. 76 cit., comma 2, la cui violazione la parte ricorrente ha lamentato in ricorso, stabilisce a sua volta che salvo quanto previsto dall’art. 92, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante.

A fronte di tale chiaro disposto normativo, non si rinviene alcuna disposizione in base alla quale andrebbero esclusi dal novero dei redditi considerati dalle norme richiamate quelli dei figli minori, tenuto conto che assumono rilievo, ai fini considerati, anche i redditi esentati dalle imposte o soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva (cfr. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 3), come del resto questa stessa sezione ha già ribadito (Sez. 4, n. 39067 del 5 luglio 2012, Rv. 253706, con riferimento agli assegni familiari; n. 41271 dell’11 ottobre 2007, Rv. 237791, con riferimento ai redditi soggetti a tassazione separata).

Anche la seconda doglianza è infondata, atteso che la parte ricorrente non ha dedotto che il ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99, avverso il decreto di revoca e rigetto dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fosse stato notificato all’amministrazione finanziaria, cosicchè correttamente il giudice nulla ha disposto in merito alle spese, non essendovi soccombenza.

Deve, peraltro, escludersi che l’omessa instaurazione del contraddittorio abbia invalidato il procedimento stesso, atteso che In tema di gratuito patrocinio, il procedimento di liquidazione dell’onorario a favore del difensore della persona ammessa al beneficio non prevede la partecipazione dell’Ufficio finanziario. Ne consegue che la mancata notifica dell’opposizione del P.M. avverso il decreto di pagamento dei compensi e delle spese all’Agenzia delle entrate non rende improcedibile l’opposizione medesima (Sez. 4 n. 39501 del 10 luglio 2006, Rv. 235385; n. 31369 del 17 maggio 2005, Rv. 231743; n. 29562 del 3 maggio 2005, Rv. 232014).

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2016

***

***

4.

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-07-2012) 04-10-2012, n. 39067

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesc – Presidente –

Dott. BIANCHI Lui – rel. Consigliere –

Dott. MASSAFRA Umberto – Consigliere –

Dott. CIAMPI Francesc – Consigliere –

Dott. VITELLI CASELLA Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MESSINA;

nei confronti di:

M.G. N. IL (OMISSIS) C/;

avverso la sentenza n. 324/2011 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO, del 28/10/2011;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

sentite le conclusioni del PG, dott. Cons. MAZZOTTA Gabriele per la inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il giudice per le indagini preliminari di Barcellona Pozzo di Gotto ha emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti di M.G. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 ritenendo il fatto non punibile ex art. 47 c.p., u.c., e cioè ritenendo che l’imputato potesse essere giustificato per aver omesso l’indicazione di assegni familiari percepiti da lui medesimo e dalla propria convivente nella dichiarazione dei redditi destinata a far prova della sussistenza delle condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio, essendo incorso in errore sulla necessità di indicare nella stessa i predetti assegni familiari, redditi che hanno pacificamente natura assistenziale e che non concorrono alla determinazione del reddito Irpef imponibile.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il procuratore Generale presso la Corte d’appello di Messina. Deduce violazione di legge rilevando che il chiaro disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 3 stabilisce che nell’istanza di ammissione patrocinio gratuito si devono indicare anche i redditi esenti dal computo IRPEF; risultava dunque evidentemente non fondata l’ipotesi dell’errore, che non può essere sostenuta a fronte di un dettato normativo di così immediata comprensione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso merita accoglimento.

La sentenza di non luogo a procedere del gup si basa sulla circostanza che le somme non indicate nella istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato sono rappresentate da assegni per il nucleo familiare che, a norma della L. 13 maggio 1988, n. 153, art. 2, comma 11 non concorrono a formare la base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito; si ritiene pertanto giustificata la scelta dell’imputato di non indicare tali somme nemmeno nell’istanza di ammissione di cui si discute.

Come correttamente rilevato dal Procuratore ricorrente la tesi non può essere condivisa atteso che il preciso e chiaro disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 3 impone di indicare nella istanza di ammissione anche i redditi esentati dal computo i fini dell’IRPEF, redditi che, pur non essendo tassati, concorrono tuttavia a determinare il limite di reddito previsto per l’ammissione al patrocinio.

2.Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2012.

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Alessio Alberti:

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