Cassazione; individuato il soggetto legittimato a proporre opposizione al provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (lo si ribadisce nell’ordinanza n. 4023 del 18 febbraio 2020).
In particolare: in tema di patrocinio a spese dello Stato, la legittimazione ad impugnare il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione e quello di revoca del beneficio già riconosciuto spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha subito, essendo l’unica titolare del diritto al suddetto patrocinio.
Per l’effetto, solo quando vi sia (A) rigetto o (B) accoglimento solo parziale dell’istanza di liquidazione del compenso del procuratore in regime di patrocinio a spese dello Stato, sussiste la legittimazione esclusiva del difensore, quale unico destinatario del diritto a ricevere quanto retributivo del suo ministerio defensionale da parte dell’erario.
Infatti, il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, o la carenza di liquidazione agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo – avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del compenso – e non consequenziale rispetto a quello principale svoltosi in esercizio dell’istituto.
Non spetta invece medesimo diritto alla parte assistita in patrocinio a spese dello Stato in quanto non obbligata ad alcun pagamento del corrispettivo.
Risulta invero elemento incontestato che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato determina la configurazione di un’assistenza professionale tra i due soggetti (patrocinato e patrocinatore), mentre l’insorgenza del rapporto economico si instaura direttamente tra il difensore e lo Stato.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI: | |
Conformi: | Cass. 18 febbraio 2020, n. 4023;
Cass. 11 settembre 2018, n. 21997; Cass. sez. unite 23.12.2016, n. 26907; Cass. 27 gennaio 2015, n. 1539; Cass. 15 dicembre 2014, n. 10705; |
Difformi: | Non si rinvengono precedenti |
Riferimenti normativi: | |
T.U.S.G. | Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
Art. 93, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 99, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 112, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Art. 113, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 |
Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza Cass. 18 febbraio 2020, n. 4023 e delle altre di riferimento, oltre alla disciplina di legge.
Capo III
Istanza di ammissione al patrocinio
ART. 93 (L) (Presentazione dell’istanza al magistrato competente)
1. L’istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all’ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se procede la Corte di cassazione, l’istanza è presentata all’ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.
[2. L’istanza può essere presentata dal difensore direttamente in udienza. (106) ]
3. Per il richiedente detenuto, internato in un istituto, in stato di arresto o di detenzione domiciliare, ovvero custodito in un luogo di cura, si applica l’articolo 123 del codice di procedura penale. Il direttore o l’ufficiale di polizia giudiziaria che hanno ricevuto l’istanza, ai sensi dell’articolo 123 del codice di procedura penale, la presentano o inviano, a mezzo raccomandata, all’ufficio del magistrato davanti al quale pende il processo.
(106) Comma abrogato dall’art. 12-ter, comma 1, lett. b), D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.
***
ART. 99 (L) (Ricorso avverso i provvedimenti di rigetto dell’istanza)
1. Avverso il provvedimento con cui il magistrato competente rigetta l’istanza di ammissione, l’interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla notizia avutane ai sensi dell’articolo 97, davanti al presidente del tribunale o al presidente della corte d’appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di rigetto.
2. Il ricorso è notificato all’ufficio finanziario che è parte nel relativo processo.
3. Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.
4. L’ordinanza che decide sul ricorso è notificata entro dieci giorni, a cura dell’ufficio del magistrato che procede, all’interessato e all’ufficio finanziario, i quali, nei venti giorni successivi, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento.
***
Capo VII
Revoca del decreto di ammissione al patrocinio
ART. 112 (L) (Revoca del decreto di ammissione) (119)
1. Il magistrato, con decreto motivato, revoca l’ammissione:
2. Il magistrato può disporre la revoca dell’ammissione anche all’esito delle integrazioni richieste ai sensi dell’articolo 96, commi 2 e 3.
3. Competente a provvedere è il magistrato che procede al momento della scadenza dei termini suddetti ovvero al momento in cui la comunicazione è effettuata o, se procede la Corte di cassazione, il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.
4. Copia del decreto è comunicata all’interessato con le modalità indicate nell’articolo 97.
(118) Lettera così sostituita dall’art. 9-bis, comma 1, lett. d), D.L. 30 giugno 2005, 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 agosto 2005, n. 168.
(119) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 369 (Gazz. Uff. 14 novembre 2007, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 112 sollevata in riferimento agli articoli 3, 28 e 97 della Costituzione.
(120) La Corte costituzionale, con ordinanza 20-28 aprile 2006, n. 177 (Gazz. Uff. 3 maggio 2006, n. 18, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 112, comma 1, sollevata in riferimento all’art. 77, primo comma, della Costituzione.
***
ART. 113 (L) (Ricorso avverso il decreto di revoca)
1. Contro il decreto che decide sulla richiesta di revoca ai sensi della lettera d), comma 1, dell’articolo 112, l’interessato può proporre ricorso per cassazione, senza effetto sospensivo, entro venti giorni dalla notizia avuta ai sensi dell’articolo 97. (121)
(121) Comma così sostituito dall’art. 9-bis, comma 1, lett. e), D.L. 30 giugno 2005, 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 agosto 2005, n. 168.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8309/2016 proposto da:
S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORNELIO NEPOTE n. 21, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE CORONA, rappresentato e difeso dall’avvocato NADA LUCACCIONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;
– intimati –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato presso la Corte di Appello di Perugia il 12.10.2015 S.C. proponeva opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, avverso il decreto con cui la sezione penale del predetto ufficio giudiziario aveva dichiarato inammissibile l’istanza con la quale N.E. aveva chiesto di essere ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Nel ricorso in opposizione la S. ribadiva la propria nomina a difensore di fiducia della N. ed affermava che quest’ultima aveva adeguatamente dimostrato il possesso dei requisiti reddituali mediante dichiarazione con sottoscrizione autenticata dal difensore.
Con il provvedimento oggi impugnato la Corte di Appello dichiarava inammissibile il ricorso sul presupposto che l’unico soggetto legittimato all’impugnazione del diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato fosse la parte che aveva richiesto il beneficio.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.C. affidandosi ad un unico motivo. Il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Economia e Finanze, intimati, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, in quanto il difensore sarebbe titolare di un autonomo diritto ad impugnare il provvedimento di diniego dell’ammissione del proprio assistito al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
La censura è infondata.
Va infatti ribadito il principio secondo cui “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la legittimazione ad impugnare il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione e quello di revoca del beneficio già riconosciuto spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha subito, essendo l’unica titolare del diritto al suddetto patrocinio, e non al difensore, il quale può agire esclusivamente, ove il menzionato beneficio non sia venuto meno, per ottenere la liquidazione del compenso eventualmente ad esso spettante” (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21997 del 11/09/2018, Rv. 650354). Il precedente si riferisce ad una fattispecie esattamente analoga a quella oggetto del presente giudizio: il giudice di merito aveva infatti, anche in quel caso, dichiarato inammissibile l’opposizione spiegata dal difensore in via diretta ed esclusiva avverso il decreto di revoca, confermandone la carenza di legittimazione ad agire.
Il precedente richiamato nel motivo di ricorso (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 1539 del 27/01/2015, Rv. 634148) non è pertinente in quanto si riferisce alla diversa ipotesi di impugnazione contro il provvedimento di rigetto o di accoglimento solo parziale dell’istanza di liquidazione delle spese di assistenza della parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. In tal caso sussiste la legittimazione esclusiva del difensore, quale unico titolare del diritto al compenso nei confronti dello Stato, e non anche quella del patrocinato, su cui non grava alcun obbligo in ordine al pagamento del corrispettivo, giacchè l’ammissione al gratuito patrocinio, escludendo la configurazione di un incarico professionale tra i due soggetto (patrocinato e patrocinatore), determina l’insorgenza di un rapporto che si instaura direttamente tra il difensore e lo Stato.
Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva nel presente giudizio di legittimità da parte dei Ministeri intimati.
Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14858/2017 proposto da:
M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BERTOLONI n. 44, presso lo studio dell’avvocato TERESA ERMOCIDA, rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il 17/5/2017 emessa sul procedimento iscritto al n. 3848/2014 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/5/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
L’Avv. M.P. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso l’ordinanza, depositata il 17 maggio 2017, del Presidente del Tribunale di Catanzaro emessa nel procedimento iscritto al n. 3848/2014 R.G., con la quale, decidendo sull’opposizione – formulata dallo stesso ricorrente in proprio – avverso il provvedimento di revoca del patrocinio a spese dello Stato adottato nei confronti di Me.Ma. (difesa nel procedimento n. R.G. 3381/2004 dal medesimo avv. M.), la dichiarava inammissibile per carenza di legittimazione.
Ha resistito con controricorso l’intimato Ministero della Giustizia, che ha instato per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di rigetto del ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto il vizio di supposta nullità dell’impugnata ordinanza per asserita violazione del diritto di difesa in relazione all’art. 24 Cost., nonchè la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 112 del 2002, artt. 74 e 93 (redime n. 115/2002), sul presupposto che – diversamente da quanto statuito all’esito dell’opposizione – avrebbe dovuto riconoscersi, anche in relazione al procedimento per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, una titolarità di impugnazione autonoma e parallela, rispetto a quella attribuita all’imputato, a favore del difensore, esercitabile anche in sede di reclamo ai sensi del cit. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 1 e di presentazione di ricorso per cassazione nei riguardi dell’ordinanza di reiezione del reclamo stesso.
Con la seconda censura, il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non aver il giudice designato, con l’ordinanza impugnata, preso in esame tutte le questioni sottoposte al primo decidente, il quale aveva respinto l’istanza di liquidazione degli onorari a titolo di gratuito patrocinio per “malafede della parte” e non per carenza di legittimazione.
Su proposta del relatore, il quale riteneva che il primo motivo formulato con il ricorso potesse essere ritenuto manifestamente infondato e che il secondo potesse essere assorbito o da dichiarare inammissibile, in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1) e 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale è stata depositata memoria dalla difesa del ricorrente.
Rileva il collegio che i due motivi del ricorso – esaminabili congiuntamente siccome tra loro connessi – sono destituiti di fondamento, in tal senso trovando conferma, quanto all’esito complessivo pronosticato, la proposta già formulata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
Invero, premesso che il Tribunale di Catanzaro aveva revocato l’ammissione di Me.Ma. – rappresentata e difesa dal ricorrente Avv. M.P. – al patrocinio dello Stato in apposito giudizio civile risarcitorio, dichiarando, conseguentemente, inammissibile la richiesta di liquidazione del compenso al difensore, occorre evidenziare che – con l’impugnata ordinanza – il giudice investito dell’opposizione ha dichiarato legittimamente l’inammissibilità del ricorso siccome proposto direttamente ed in via esclusiva dallo stesso difensore, da considerarsi sprovvisto della relativa legittimazione “ad opponendum”.
Infatti, per come già rilevato nella proposta redatta ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., non possono dirsi sussistenti (al di là dell’inconferente riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo porsi riguardo dello stesso art. 360, nn. 3 e 4) nè la dedotta violazione di legge nè la prospettata nullità della medesima ordinanza oggetto del primo motivo del ricorso in sede di legittimità.
A tal proposito va posto in risalto che, in materia di gratuito patrocinio, la legittimazione del difensore in proprio è limitata soltanto alla controversia in tema di liquidazione di compensi (cfr. Cass. n. 10705/2014, ord.; Cass. n. 1539/2015 e Cass. S.U. n. 26907/2016) ma non è configurabile anche con riferimento all’opposizione avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio; in tali casi, infatti, detta legittimazione è riconoscibile al solo interessato, ovvero propriamente alla parte che si vuole avvalere del gratuito patrocinio o che vi è stata ammessa ma il cui beneficio sia stato poi revocato. Tanto si desume, sul piano dell’ermeneutica letterale e sistematica, dal raffronto tra il D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 93 e 99, laddove, nel primo, la legittimazione della presentazione dell’istanza è attribuita all’interessato e al difensore, mentre, nel secondo, essa è conferita al solo interessato e tale differenziazione trova rispondenza anche nel contenuto degli artt. 112 e 113 dello stesso D.P.R. proprio in materia di revoca del decreto di ammissione al gratuito patrocinio.
Pertanto, poichè – nel caso di specie – l’opposizione proposta al Presidente del Tribunale di Catanzaro concerneva propriamente il decreto di revoca della pregressa ammissione al gratuito patrocinio (da cui era conseguita, come effetto automatico e privo di autonomia decisoria, siccome rinveniente il suo presupposto giustificativo proprio nella sopravvenuta revoca, l’inammissibilità della richiesta di liquidazione del compenso al difensore), appare evidente come non poteva che essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso in opposizione formulato direttamente ed esclusivamente dal difensore, in quanto carente di una propria legittimazione, non controvertendosi della liquidazione dei compensi ad esso spettanti (come evincibile anche dagli ulteriori precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c.), che avrebbe presupposto la conservazione del provvedimento di ammissione al beneficio del gratuito patrocinio. E’, invero, indiscutibile che, una volta intervenuta la revoca di quest’ultimo provvedimento – che produce, come effetto, quello di ripristinare retroattivamente l’obbligo della parte di sopportare personalmente le spese della sua difesa -, è a quest’ultima soltanto che spetta la legittimazione ad opporsi alla intervenuta revoca, proprio perchè esclusiva titolare del diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
In virtù della valutazione della sussistenza di tale assorbente ragione – impeditiva dell’esame di altri profili di doglianza – è altrettanto evidente che il giudice dell’opposizione non avrebbe potuto nè dovuto prendere in considerazione altre deduzioni dell’opponente privo di legittimazione, così rimanendo esclusa in radice la ipotetica violazione dell’art. 112 c.p.c., così come prospettata dal ricorrente con la seconda censura.
Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Ministero della Giustizia, dei compensi della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio di legittimità, liquidati Euro 900,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte di Cassazione, il 15 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –
Dott. PROTO Cesare A. – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19974-2013 proposto da:
R.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato BOGGIA MASSIMO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLI MARIA CRISTINA giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), PUBBLICO MINISTERO presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze;
– intimati –
avverso il decreto n. R.G. 20/2004 del TRIBUNALE di FIRENZE del 30/04/2013, depositato il 06/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione in base agli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
“1. – Dalla narrativa del ricorso si ricava soltanto che l’odierno ricorrente, R.L., è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in relazione ad un procedimento, non meglio precisato, svoltosi innanzi al Tribunale di Firenze, e che in quella sede è stato difeso dall’avv. Maria Cristina Paoli. Col ministero di quest’ultima, R.L. propone ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. contro il provvedimento emesso in data 6.5.2013 dal Tribunale di Firenze che, revocato il proprio precedente decreto del 25.9.2005 col quale aveva liquidato in favore dell’avv. Paoli la somma di Euro 1.842,50 a titolo di compenso per l’attività prestata, ha ridotto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130 la somma spettante al predetto professionista a Euro 955,00 (350,00 per diritti e 605,00 per onorari).
1.1. – Il ricorso è stato notificato al Ministero dell’economia e delle Finanze presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze e al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, che non hanno svolto attività difensiva.
2. – Con l’unico motivo dedotto si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 84 e 170, in quanto il provvedimento di liquidazione, data la sua natura giurisdizionale, è insuscettibile di revoca.
3. – Il ricorso è manifestamente inammissibile.
Come già chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, con riferimento a norme analoghe (L. n. 533 del 1973, artt. 11 e 13, ora abrogati) e a fattispecie similari, l’ammissione al patrocinio a carico dello Stato esclude ogni rapporto d’incarico professionale tra la parte in favore della quale è stato emesso il relativo provvedimento ed il difensore nominato, sia in caso di vittoria, sia in caso di soccombenza, in quanto il rapporto si costituisce esclusivamente tra il difensore nominato e lo Stato. Pertanto, legittimata a proporre impugnazione contro il provvedimento che liquida le spese o ne rigetta l’istanza, non è la parte bensì il difensore, il quale è l’esclusivo titolare del diritto al compenso dovuto dallo Stato, mentre nessun interesse e quindi nessuna legittimazione in proposito può riconoscersi alla parte assistita, la quale non ha obbligo di pagare alcun compenso al difensore (cfr. Cass. nn. 3068/85, 502/84, 6155/81, 3919/81,498/81 e 1464/80).
3.1. – Nella specie, la dedotta (implicitamente, mercè il ricorso ex art. 111 Cost.) abnormità del provvedimento di revoca della precedente liquidazione nè esclude nè menoma la validità delle considerazioni sopra richiamate, perfettamente applicabili al caso in esame perchè in materia solo il difensore può dolersi di una liquidazione del compenso che, per qualsiasi causa, non sia conforme al suo interesse.
4. – In applicazione del principio espresso da Cass. S.U. n. 6826/10, la palese inammissibilità del ricorso rende vana, per ragioni di economia processuale, l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Giustizia, da ritenersi parte necessaria (in base a Cass. S.U. n. 8516/12) del presente procedimento.
4.1. – Per la stessa ragione, la notificazione del ricorso al Ministero dell’Economia e delle Finanze, benchè nulla R.D. n. 1611 del 1933, ex art. 11, comma 3 in quanto effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, invece che presso quella generale, non va rinnovata ex art. 291 c.p.c..
5. – Pertanto, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, in base all’art. 375 c.p.c., n. 1″.
2. – La Corte condivide la relazione, in ordine alla quale la parte ricorrente non ha depositato memoria nè è comparsa in camera di consiglio.
3. – Il ricorso va pertanto respinto.
4. – Nulla per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.
5. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato a carico della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 13 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente di sez. –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –
Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14984-2013 proposto da:
A.G., elettivamente domiciliato presso il proprio studio in ROMA, VIA GUGLIELMO PEPE 37, rappresentato e difeso da sè medesimo unitamente all’avvocato DORODEA CIANO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA depositata il 13/02/2013 (r.g. n. 8520/11 V.G.);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8/11/2016 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;
uditi gli avvocati Dorodea CIANO e Federico DI MATTEO per l’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, assorbito il secondo, infondato il terzo.
Svolgimento del processo
L’avv. A.G. impugnava, davanti al Tribunale di Roma, il decreto di liquidazione, col quale il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio aveva liquidato compensi spettanti per l’attività professionale dallo stesso espletata a favore di S.S., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento promosso nei confronti del Ministero dell’Interno per ottenere l’annullamento del silenzio diniego sulla istanze di accesso ai documenti contenuti nel fascicolo personale relativo alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, definito con sentenza con la quale è stata dichiarata la illegittimità dell’impugnato silenzio-diniego e il diritto del ricorrente ad accedere alla documentazione.
Lamentava l’esiguità del compenso,avendo anche omesso il TAR di indicare le singole voci e i corrispondenti importi liquidati.
Per quanto di interesse, il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a decidere l’opposizione, rilevando, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 che la prevista opposizione avverso il decreto di pagamento dovesse essere proposta dinanzi allo stesso ufficio giudiziario che ha trattato il giudizio nel quale il difensore ha assistito la parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
L’avv. A. propone ricorso per cassazione eccependo, sotto diversi profili, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trattandosi di diritto autonomo rispetto alle domande azionate davanti al TAR. L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva. Il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
La questione controversa concerne la individuazione del giudice chiamato a decidere sull’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi del legale ammesso al patrocinio a spese dello Stato, emesso in un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo.
Nel caso di specie trova applicazione, ratione temporis, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 (che prevede che l’opposizione debba essere proposta al “Presidente dell’Ufficio giudiziario competente”) essendo stata proposta l’opposizione prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011 che, all’art. 15, prevede che il ricorso debba essere proposto al “capo dell’Ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento”.
Questa Corte ha chiarito che il procedimento di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 non ha natura di impugnazione ed introduce una controversia di natura civile relativa alla spettanza e alla liquidazione dell’onorario (Cass., S.U., n. 19161/2009). Il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale, trattandosi di un giudizio autonomo – avente ad oggetto la controversia relativa alla spettanza e alla liquidazione del compenso – e non consequenziale rispetto a quello svoltosi davanti al Tar.
Non si ravvisa, inoltre, – così come rilevato dalla Consulta – alcuna “connessione ontologica tra il contenzioso volto al recupero del compenso professionale e la controversia di base” (Corte Cost. 11.4.2008, n. 96).
Il diritto al compenso dei difensori di una parte, nell’ambito di un procedimento svoltosi davanti al giudice amministrativo, ha natura di diritto soggettivo e non può essere degradato ad interesse legittimo, essendo estraneo rispetto alle materie di competenza del TAR. Pur dovendosi rilevare la mancanza di un coordinamento funzionale tra il D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 la proponibilità dell’opposizione “al presidente dell’ufficio giudiziario competente” non significa che lo stesso debba necessariamente coincidere, così come invece ritenuto nella sentenza impugnata, con quello davanti al quale si è svolto il giudizio concernente il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato.
Il cit. art. 170 è certamente volto a valorizzare la prossimità organizzativa tra primo decidente e giudice dell’opposizione (cfr anche, in tal senso, Cass. n. 23020 del 2015), ma sempre sul presupposto che entrambi detti giudici appartengano al medesimo plesso giurisdizionale. Si tratta, insomma, di una norma sulla competenza e non anche sulla giurisdizione: giacchè, come già osservato, qui si verte in materia di diritti soggettivi e la possibilità di spostare la tutela dei diritti dinanzi al giudice amministrativo, sotto forma di giurisdizione esclusiva, è pur sempre di carattere eccezionale. Perciò non può ritenersi che con la disposizione in esame il legislatore abbia solo implicitamente inteso introdurre nell’ordinamento un’ulteriore e non prevista ipotesi di giurisdizione esclusiva.
Ammettere la giurisdizione amministrativa comporterebbe, inoltre, una diminuzione di tutela in quanto, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 2, contro le decisioni dei giudici amministrativi il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Deve essere, quindi, affermata la giurisdizione del giudice ordinario e, specificamente del Presidente del Tribunale ordinario di Roma, sede del Tar che ha liquidato i compensi, oggetto di impugnazione, per l’attività professionale espletata dal difensore, secondo le regole generali del rito civile.
Va, conseguentemente, accolto il ricorso, cassato il provvedimento impugnato, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e rimessa la causa davanti al Tribunale di Roma che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimette la causa davanti al Tribunale di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016
***
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23525/2008 proposto da:
F.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V. A. SILVANI 108, presso lo studio dell’avvocato LIBERATI ALBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCI Stefano;
– ricorrente –
contro
PROCURA REPUBBICA TRIBUNALE PARMA IN PERSONA DEL PRESIDENTE;
– intimata –
e contro
AGENZIA ENTRATE UFFICIO PARMA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL DIRETTORE P.T., elettivamente domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di PARMA, depositato il 17/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2014 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con provvedimento in data 17-7-2008 il Presidente del Tribunale di Parma, in parziale accoglimento del ricorso proposto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, dall’avv. Stefano Ricci avverso il decreto di liquidazione dei compensi professionali emesso dal Tribunale in relazione all’attività prestata – nell’ambito di un procedimento di esecuzione volto a determinare in sede di continuazione la pena da applicare al condannato – in favore di F.C., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, liquidava in favore del predetto legale l’importo di Euro 941,00.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione F.C., instaurando il contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Parma.
L’Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso, ma un mero “atto di costituzione” ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Motivi della decisione
La Corte deve rilevare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto da soggetto non legittimato.
E invero, la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento che abbia rigettato o accolto solo parzialmente l’opposizione proposta, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, dal difensore di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato avverso il decreto di liquidazione dei compensi, compete esclusivamente allo stesso difensore, quale parte avente diritto al compenso professionale e rimasta soccombente.
Il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, al contrario, non è legittimato ad impugnare il predetto provvedimento, non potendo essere considerato soccombente nel relativo procedimento e non avendo alcun concreto interesse a dolersi dell’esiguità della liquidazione effettuata in favore del difensore.
Nella specie, pertanto, il F., quale soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, è privo di legittimazione in ordine al proposto ricorso.
Non avendo gli intimati svolto alcuna attività difensiva, non va emessa alcuna pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2014
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