NO GRATUITO PATROCINIO AL MAFIOSO SE NON DIMOSTRA DI AVERE UN REDDITO INFERIORE AL TETTO, SUPERANDO LA PRESUNZIONE LEGALE
Corte di Cassazione, la sentenza n. 29469/2020 precisa il principio interpretativo espresso dalla Corte Costituzionale nel 2010: il condannato per reati di associazione di stampo mafioso e collegati non può essere ammesso al patrocinio a speso dello Stato se non supera concretamente la presunzione relativa che fa ritenere esistente un reddito oltre la soglia di ammissibilità.
Si precisa che, per superare detta suddetta presunzione iuris tantum, incombe al richiedente l’allegare concreti elementi di fatto in merito alle sue condizioni economico-patrimoniali, idonei a consentire il superamento della presunzione stabilita dal citato art. 76, comma 4-bis, restando escluso qualsiasi accertamento d’ufficio a tal fine (ex multis vds. Sez. 4, n. 30499 del 17/06/2014, Nave, Rv. 262242).
Inoltre, si evidenzia che, quali concreti elementi utili a superare la presunzione, sono insufficienti tanto il protratto stato di detenzione, che il numero di colloqui con i congiunti, o infine gli accertamenti della Guardia di Finanza riguardanti le fonti di reddito dell’istante.
Riportiamo in calce il testo integrale di Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 07/10/2020) 23/10/2020, n. 29469.
Alberto Vigani
per Associazione Art. 24 Cost.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MENICHETTI Carla – Presidente –
Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. DAWAN Daniela – Consigliere –
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.G., nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 11/06/2019 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE PAVICH;lette/sentite le conclusioni del PG.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. M.G., per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso l’ordinanza n. 891/19 emessa in data 11 giugno 2019, con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha rigettato l’opposizione presentata dallo stesso M. avverso il decreto di inammissibilità dell’istanza ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti, decreto che era stato emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Sassari e che era fondato sulla circostanza che il M. risulta condannato per reati compresi tra quelli indicati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-bis, in relazione ai quali vige una presunzione legale di superamento del limite reddituale stabilito ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato: presunzione che può essere vinta solo con prova contraria, nella specie non fornita.
1.1. Nell’unico motivo di doglianza l’esponente, richiamando la sentenza n. 139/2010 della Corte Costituzionale) lamenta che la decisione impugnata, fondata sull’assenza di allegati a corredo del fascicolo processuale, non tiene conto che il M. aveva depositato atti dimostrativi della sua condizione di indigenza economica e di assenza di collegamenti con il sodalizio criminoso di provenienza, desumibile dal suo protratto stato di detenzione in regime speciale (art. 41-bis ord.pen.), dai rari colloqui con i familiari e da quanto accertato dalla Guardia di Finanza circa le sue condizioni reddituali.
1.2. Va dato atto che il 24 settembre 2020 il ricorrente ha fatto pervenire in Cancelleria una memoria scritta da lui personalmente redatta.
2. Nella sua requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
3. Il ricorso è inammissibile.
Nel caso di che trattasi, si verte in materia di ammissibilità del ricorrente al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per non abbienti, con la precisazione che il M. rientra nella categoria di soggetti (quelli “già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui all’art. 416-bis c.p. e testo unico di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291-quater, art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80 e art. 74, comma 1, nonchè per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo) in relazione ai quali il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-bis, prevede che vi sia presunzione relativa di superamento del reddito massimo ai fini dell’ammissione al patrocinio gratuito (atteso che la sentenza n. 139/2010 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della disposizione di riferimento nella parte in cui la presunzione in essa stabilita non ammetteva prova contraria).
In definitiva, per superare la suddetta presunzione iuris tantum, incombeva all’odierno ricorrente allegare concreti elementi di fatto in merito alle sue condizioni economico-patrimoniali, idonei a consentire il superamento della presunzione stabilita dal citato art. 76, comma 4-bis, restando escluso qualsiasi accertamento d’ufficio a tal fine (ex multis vds. Sez. 4, n. 30499 del 17/06/2014, Nave, Rv. 262242).
4.1. Tale onere di allegazione, secondo i giudici di sorveglianza, non risulta però essere stato assolto dal M. nè in sede d’opposizione, non risultando che egli abbia allegato alcun concreto e reale elemento idoneo a superare la presunzione di legge, nè tanto meno in questa sede.
A tale ultimo proposito, nel ricorso l’esponente si limita ad affermare di avere depositato una non meglio specificata documentazione, senza offrire alcun principio di prova a sostegno dell’assunto e soprattutto senza fornire elementi probatoriamente idonei a superare la presunzione iuris tantum di cui sopra, tali non potendosi considerare nè il protratto stato di detenzione, nè il numero di colloqui con i congiunti, nè infine gli accertamenti della Guardia di Finanza riguardanti le sue fonti di reddito, genericamente menzionati e riferiti, a quanto pare, ad altro pregresso procedimento.
Oltre a ciò, essendo del tutto aspecifiche le asserzioni del prevenuto in ordine alla natura, al contenuto e alle finalità probatorie dei documenti depositati, nè tanto meno in riferimento al procedimento nel cui ambito essi sarebbero stati presentati, è di tutta evidenza che la lagnanza pecca altresì per assoluta assenza di specificazione e per difetto di autosufficienza ed è perciò, anche per tali ragioni, inammissibile.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, il ricorrente va altresì condannato a versare la somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020
Cassazione sentenza n. 29469/2020