La Suprema Corte, con la sentenza n. 24554/2022, in conferma della 23133/2021, precisa i termini per le richieste di integrazione del Giudice che deve decidere i compensi in gratuito patrocinio in sede di opposizione.
La Corte ha specificato che “in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione “può” contenuta in tale norma essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita“, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova“.
Riportiamo di seguito il testo integrale della sentenza.
per Associazione Art. 24 Cost.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27814/2021 proposto da:
B.C., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da sè stesso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto n. 549/2021 della CORTE DI APPELLO di L’AQUILA, depositata il 29/10/2021;
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16/06/2022, dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.
che:
– La Corte d’appello di L’Aquila con provvedimento del 29/10/2021 ha rigettato l’opposizione proposta dall’avvocato B.C. avverso il decreto di liquidazione di compensi professionali al difensore d’ufficio in procedimento penale di appello n. 1085/2018 RG ove ha svolto attività difensiva in favore del sig. A.A.Z..
– In particolare, il Tribunale, pur riconoscendo la debenza in favore dell’avvocato della liquidazione delle spese, diritti e onorari relativi alla procedura monitoria intentata per il recupero del credito professionale, rigettava l’opposizione in quanto l’avvocato non aveva documentato le spese che assume di aver sostenuto per la verifica anagrafica presso il Comune di residenza dell’assistito, non risultando prodotto nè il decreto ingiuntivo n. 1455/2018, nè l’attestazione di avvenuto pagamento della tassa di opinamento.
– Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso l’avvocato B.C. sulla base di un unico motivo e memoria;
– Il Ministero della Giustizia non ha svolto alcuna attività difensiva;
Considerato che:
a) Con il primo ed unico motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte d’appello rigettato la domanda volta ad ottenere i compensi e le spese per l’attività espletata per il tentativo di recupero in virtù di una carenza probatoria derivante dall’omesso deposito del parere del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara e del decreto ingiuntivo.
In particolare, il ricorrente rileva che l’istanza con cui chiedeva alla Corte d’appello la liquidazione dei compensi del difensore d’ufficio, era stata corredata dal deposito dell’opinamento del COA di Pescara e dal decreto ingiuntivo n. 1455/2018, documenti sempre rimasti in deposito presso la medesima Corte.
Ne segue che, qualora il giudice di merito non avesse ritenuto sufficiente quanto già accertato dalla stessa Corte d’appello in sede di liquidazione, avrebbe potuto richiedere la documentazione necessaria ai fini della decisione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 15.
Il motivo è fondato.
Invero, pur dovendosi ribadire che (cfr. Cass. n. 1470/2018) il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, – come già nella vigenza della L. n. 319 del 1980 -, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell’istante – con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., – e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza, il procedimento previsto dal legislatore non consente una rigida applicazione del principio dell’onere della prova.
E’ stato, infatti, reiteratamente affermato da questa Corte che in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione “può” contenuta in tale norma essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova. (v. da ultimo Cass., n. 23133/202, ma anche Cass., n. 2206/2020, Cass., n. 4194/2017 e Cass., n. 19690/2015).
Alla luce di tali principi, ai quali il Collegio intende assicurare continuità, si palesa giuridicamente erronea la soluzione del giudice di merito il quale ha ritenuto di disattendere la domanda di liquidazione della ricorrente in quanto, pur riconoscendo il suo diritto ai compensi per la fase di tentato recupero espletata, non risultava correttamente provata, per l’omessa produzione della documentazione attestante la richiesta di opinamento al proprio Ordine degli avvocati e la richiesta del seguente decreto ingiuntivo. Documenti che, peraltro, erano stati dall’avvocato prodotti in sede di richiesta di liquidazione dei compensi del difensore d’ufficio, e che, nel corpo dell’atto di opposizione del decreto di liquidazione formavano oggetto di richiesta di produzione istruttoria innanzi alla stessa Corte d’appello di L’Aquila.
Deve, invero, ritenersi che i poteri istruttori officiosi che connotano il procedimento di liquidazione dei compensi degli ausiliari del giudice e dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, accedano non solo alla determinazione del quantum ma anche alla verifica dell’an (cfr. in tal senso Cass. n. 9264/2015, secondo cui nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso per il patrocinio a spese dello Stato, la parte istante non è obbligata ad indicare nè a documentare l’iscrizione dell’avvocato nell’elenco di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 81, trattandosi di elenco avente natura pubblica e potendo, comunque, il giudice, ai sensi del D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, art. 15, comma 5, richiedere le informazioni necessarie ai fini della decisione).
– il ricorso, pertanto, deve essere accolto; il provvedimento impugnato va cassato con rinvio alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione;
– il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile, il 16 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2022