Il provvedimento del giudice che liquida il compenso all’avvocato che ha svolto la Sua attività processuale in regime di gratuito patrocinio ha natura decisoria e carattere definitivo. Pertanto è immodificabile.
Lo ha statuito la Sesta sezione civile della Corte di Cassazione (con la sentenza n.13892/2012) precisando che il decreto di liquidazione può essere impugnato solo ai sensi dell’articolo 111 della costituzione: per questa ragione esso non è revocabile in autotutela da parte del giudice che lo ha pronunciato e che ne resta spogliato di ogni potere di variazione.
La Suprema Corte ha altresì evidenziato che in riferimento all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è da ritenersi “estraneo all’assetto del D.P.R. n. 115 del 2002, il conferimento del generale potere di autotutela, tipico dell’azione amministrativa, all’autorità che ha provveduto. A maggior ragione, siffatto potere d’intervento non risulta ipotizzabile laddove, come nella specie, il provvedimento abbia ormai esaurito i suoi effetti”.
Corte di Cassazione,
sez. VI Civile
sentenza 8 giugno – 2 agosto 2012, n. 13892Presidente Goldoni
Relatore ProtoFatto e diritto
Osserva in fatto.
Con decreto di pagamento del 15/12/2005 era liquidato il compenso dovuto all’avv. S. per la difesa svolta a favore di M.P. , ammessa al patrocinio a spese dello Stato; il compenso era, quindi, regolarmente pagato.Con provvedimento del 3/12/2009 il giudice, di ufficio, modificava il decreto di pagamento dimezzandone l’importo ai sensi dell’art. 130 DPR 115/2002, norma che prevede la riduzione alla metà degli importi spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nel processo civile; al difensore era altresà comunicato che l’importo di Euro 1.333,44 in più rispetto al decreto modificativo, sarebbe stato iscritto a ruolo in mancanza di restituzione.
L’avv. C..S. proponeva opposizione avverso il provvedimento deducendo l’immodificabilità dell’originario decreto di pagamento al quale era stata data esecuzione e che non era stato impugnate) nei termini.
Con ordinanza del 18/9/2010 il Tribunale di Orvieto, in composizione monocratica, rigettava l’opposizione, rilevando che doveva essere applicata, nella liquidazione, la disposizione che prevede la riduzione alla metà degli onorari e che la modifica del decreto, anche di ufficio, era sempre possibile in quanto il decreto di pagamento avrebbe natura amministrativa e come tale sarebbe in suscettibile di passare in giudicato e sempre revocabile o annullabile nell’esercizio dei poteri di autotutela.
L’avv. S. propone ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost., affidato ad un unico motivo di violazione di legge.
Osserva in diritto.
1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione falsa applicazione degli artt. 82, 84 e 170 D.P.R. 115/2002 essendo stato riformato un decreto di pagamento in assenza di opposizione e sulla base dell’esercizio di un potere di autotutela che la legge non prevede.
2. Il motivo è manifestamente fondato:
– il difensore del cittadino non abbiente ammesso a patrocinio a spese dello Stato quanto alla liquidazione del suo compenso è titolare di un diritto soggettivo patrimoniale, come è confermato anche dalla disciplina processualcivilistica dell’opposizione a decreto di pagamento (cfr. Cass. S.U. 3/9/2009 a 19161);
– il decreto che decide in merito al compenso ha, quindi, natura decisoria e giurisdizionale e non è suscettibile di revoca (o di modifica) di ufficio, posto che l’autorità giudiziaria che lo emette, salvo i casi espressamente previsti, consuma il proprio potere decisionale (cfr., con riferimento al decreto di pagamento del commissario giudiziale, Cass. 19/10/2007 n. 22010);
– il potere di revoca (o di modifica), del resto, appare del tutto incompatibile con la previsione (art. 170 DPR 115/2000) di un termine perentorio concesso alle parti per opporsi al decreto di pagamento;
– come questa Corte ha già avuto occasione di rilevare (a proposito della revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato), è estraneo all’assetto del D.P.R. n. 115 del 2002, il conferimento del generale potere di autotutela, tipico dell’azione amministrativa, all’autorità che ha provveduto. A maggior ragione, siffatto potere d’intervento non risulta ipotizzabile laddove, come nella specie, il provvedimento abbia ormai esaurito i suoi effetti (Cass. 30/5/2008 n. 14594);3. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere accolto in considerazione della manifesta fondatezza”.
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..
Vista la memoria presentata dalla ricorrente;
considerato che l’ulteriore domanda per la declaratoria di irripetibilità /inesigibilità di spese, tasse imposte e sanzioni non può essere esaminata in quanto domanda non proposta nel giudizio di merito e neppure proposta con il ricorso;
Che nulla va statuito in tema di spese perché i soggetti evocati in giudizio quali contraddittori, ossia il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato e il P.M., presso il Tribunale di Orvieto, che non si sono costituiti, non sono parti soccombenti, trattandosi di impugnazione di provvedimento assunto di ufficio dal giudice; nei confronti del Ministero del quale è chiesta la condanna alle spese non è possibile assumere alcuna statuizione in quanto non è stato evocato in giudizio dalla ricorrente.
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore e che pertanto deve essere cassata l’ordinanza impugnata e, decidendosi nel merito per le ragioni sovra esposte, deve essere annullato il provvedimento 3/12/2009 oggetto di opposizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento 3/12/2009 oggetto di opposizione.
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