QUAL E’ IL REDDITO IMPONIBILE PER IL GRATUITO PATROCINIO?
CHIEDIAMOLO AL GOVERNO!
Dopo l’istanza presentata da OUA al Ministro lo scorso anno e la conforme delibera del Congresso Nazionale Forense, oggi nelle mani di OCF, la necessità di una definizione certa e chiara del reddito imponibile per il gratuito patrocinio arriva sul tavolo del Governo con la proposta di risoluzione presentata da una pattuglia di deputati 5 stelle (Colletti, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Businarolo).
Con l’istanza depositata lo scorso 23 febbraio 2017 si chiede al Governo Gentiloni di assumere le appropriate iniziative per chiarire ogni dubbio sulla corretta interpretazione del concetto di reddito imponibile che definisce lo stato di non abbienza, presupposto necessario per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato di cui all’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.
In dettaglio si chiede al governo di provvedere anche attraverso note o circolari, atte a precisare il tetto reddituale, indicando con chiarezza la definizione di ogni reddito da imputare, accogliendo e affermando erga omnes i contenuti del parere espresso con risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 dell’Agenzia delle entrate secondo cui il reddito complessivo del soggetto richiedente debba essere calcolato al netto degli oneri deducibili.
Il passaggio è importante perchè permetterebbe finalmente di evitare disparità di trattamento e scelte arbitrarie da parte di Agenzia delle Entrate, COA e Giudici di Merito che spesso assumono decisioni disparate e comunque generanti confusione e difficoltà all’utenza.
Di seguito riportiamo il testo integrale della risoluzione frutto del congresso forense avente primo firmatario l’Onorevole Andrea Colletti che trovate qui sul sito della Camera.
David Del Santo
Atto Camera
Risoluzione in commissione 7-01196
presentato da
COLLETTI Andrea
testo di
Giovedì 23 febbraio 2017, seduta n. 747La II Commissione,
premesso che:allo scopo di dare attuazione all’articolo 24 della Costituzione e garantire l’accesso al diritto di difesa anche a coloro che hanno un’incapacità reddituale, il nostro ordinamento giuridico ha previsto il patrocinio a spese dello Stato, uno strumento disciplinato dal Testo unico della disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, recato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 attraverso il quale l’onorario dell’avvocato necessario per farsi assistere in un processo viene corrisposto dallo Stato;
l’articolo 76 del citato decreto prevede, infatti, che l’accesso al patrocinio dello Stato sia garantito a tutti coloro che abbiano un reddito inferiore ad una determinata soglia, oggi fissata in euro 11.528,41 annui, limite che aumenta, nei soli procedimenti penali, di euro 1.032,91 per ogni membro della famiglia dell’istante e che, peraltro, può variare in presenza di alcune situazioni previste dalla legge (ad esempio convivenza con coniuge o altri familiari e altro);
il citato articolo 76, dopo aver stabilito ai primi due commi che «1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.528,41. 2. Salvo quanto previsto dall’articolo 92, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante», chiarisce, al terzo comma, che «3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva… (omissis)»;
nonostante l’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 faccia espresso riferimento al reddito imponibile ai fini dell’Irpef risultante dall’ultima dichiarazione e, al comma 3, elenchi anche le altre tipologie di reddito da considerare ai fini della determinazione del limite di reddito in discussione, nella prassi, si è riscontrato che i soggetti richiedenti l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato incontrino differenti interpretazioni sul concetto di «reddito imponibile» e, più in particolare, sulla modalità per calcolare correttamente l’esatto ammontare del reddito dell’istante ai fini dell’accesso al beneficio;
questa difficoltà interpretativa ha comportato, in molti casi, l’esclusione dalla procedura di computo dell’applicazione delle deduzioni di legge e, conseguentemente, un aumento nominale del reddito al punto da impedire in molti casi agli istanti l’accesso al beneficio;
emblematica, a tal proposito, è l’attività dei soggetti (appartenenti ai consigli degli ordini degli avvocati (Coa) in particolare) che, nel calcolo del tetto reddituale, sovente, si attengono all’importo numerico senza l’imputazione d’egli oneri deducibili, ovvero individuando redditi superiori che, nel concreto, inibiscono l’ammissione a soggetti in realtà aventi diritto con la conseguenza di vanificare la previsione dello strumento di garanzia e, dunque, di compromettere irrimediabilmente il diritto di difesa del non abbiente, tutelato anche dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
l’Agenzia delle entrate, cui è stato richiesto di esprimere un parere avente ad oggetto «Gratuito patrocinio – Definizione del concetto di reddito imponibile ai sensi dell’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002», con risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 ha risposto che «il reddito a cui far riferimento per riconoscere il diritto al gratuito patrocinio sia il reddito imponibile ai fini dell’Irpef (…)», nonché chiarito, tra le altre cose, che l’articolo 3 del Testo unico delle imposte sui redditi, nel disciplinare la base imponibile ai fini fiscali, prevede che «l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10»;
nonostante il disposto dell’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 15 del 2002, la risoluzione dell’Agenzia delle entrate che chiarisce il concetto di reddito «imponibile» e la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Pen. III del 23 marzo – 28 aprile 2011 n. 16583 che si è espressa anch’essa sull’argomento, stabilendo che «il reddito imponibile di riferimento è quello al netto della deduzione dal reddito complessivo degli oneri deducibili previsti dalla disciplina fiscale» (non si fa quindi riferimento all’Isee), a tutt’oggi persiste la difficoltà di determinare con certezza il reddito imponibile ai fini dell’accesso al gratuito patrocinio;
per tali ragioni l’avvocatura, anche su impulso di associazioni di attivisti laici e forensi, ha posto l’attenzione sul tema nel corso del Congresso nazionale forense tenutosi a Venezia nell’ottobre 2014, chiedendo di intervenire per sanare, fra le altre problematiche rilevate nella mozione congressuale n. 32, proprio la carenza di precisazione del livello reddituale di soglia per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, proponendo di far coincidere l’importo con il reddito imponibile netto dedotti tutti gli oneri deducibili;dopo il Congresso, l’organismo unitario dell’avvocatura (Oua), in esecuzione delle mozioni congressuali, ha chiesto quindi alla politica, in due distinte delibere, di precisare che l’importo di cui al tetto reddituale per ammissione deve essere inteso al netto dei componenti negativi del reddito e degli oneri deducibili ammessi per legge, e delle componenti negative del reddito;
la richiesta avanzata dall’Oua si è tradotta nella formulazione di tre interrogazioni parlamentari bipartisan presentate fra la fine di giugno ed il mese di luglio 2015 (1 al Senato e 2 alla Camera);
si tratta, rispettivamente, dell’interrogazione a risposta scritta n. 4-04164, delle interrogazioni a risposta in commissione 5-06092 e 5-06095), con le quali si è chiesto al Ministro della giustizia di precisare che l’importo reddituale da considerare ai fini dell’accesso al gratuito patrocinio vada inteso «al netto degli oneri deducibili ammessi per legge»;quanto richiesto da tutte le componenti dell’Avvocatura e nelle suddette interrogazioni parlamentari appare, peraltro, conforme anche al «Documento Programmatico sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato» già sottoscritto dal Ministero di giustizia, Oua, Cnf, Cassa forense, Ucpi, Aiga, Uncm e Aiaf, in data 14 maggio 2014 (si veda il punto 9 del documento);
il Consiglio di Stato con sentenza del 29 febbraio 2016, n. 842, precisando che nel reddito imponibile ai fini Isee non si debbano tenere in conto i trattamenti indennitari percepiti dai disabili perché «… ricomprendere tra i redditi i trattamenti … indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità … (dato) … oltremodo irragionevole … (oltre che) … in contrasto con l’articolo 3 Cost. …»;
ciò ha inserito un’ulteriore variabile che rappresenta motivo di maggiore incertezza nella determinazione del reddito da computare ai fini dell’ammissione al beneficio;
anche la Corte di Cassazione, da ultimo intervenuta con sentenza del 17 agosto 2016, la n. 34935, nell’affrontare il tema dell’esatta determinazione del limite del reddito per accedere al patrocinio a spese dello Stato, pur dando atto della presenza di contrasti giurisprudenziali, ha precisato che la sua quantificazione vada calcolata al netto degli oneri deducibili, ma non degli oneri detraibili;
impegna il Governo:
- ad assumere iniziative per chiarire ogni dubbio sulla corretta interpretazione del concetto di reddito imponibile che definisce lo stato di non abbienza, presupposto necessario per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato di cui all’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;
- ad assumere tutte le iniziative necessarie, se del caso, anche attraverso note o circolari, atte a precisare il tetto reddituale, indicando con chiarezza la definizione di ogni reddito da imputare, accogliendo e affermando erga omnes i contenuti del parere espresso con risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 dell’Agenzia delle entrate secondo cui il reddito complessivo del soggetto richiedente debba essere calcolato al netto degli oneri deducibili.
(7-01196) «Colletti, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Businarolo».
http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=7/01196&ramo=C&leg=17